Le multe da scongiurare e un segnale da dare alle ammiraglie tedesche a poco più di venti giorni dal voto in Germania. Il dialogo strategico dell'Europa per traghettare nel futuro l'automotive stretto tra l'aggressività della Cina, la minaccia dei dazi di Donald Trump e i costi del passaggio all'elettrico è partito subito con un annuncio: le risposte promesse da Ursula von der Leyen arriveranno il 5 marzo nel piano ad hoc rimasto finora senza data. L'intenzione espressa dalla Presidente - sulla falsariga di quanto fatto con gli agricoltori lo scorso anno - è "sostenere" l'industria giunta al bivio cruciale per portarla a "prosperare in Europa e competere con successo sulla scena mondiale". Una mano tesa già da giorni nel segno della "flessibilità", senza retromarce sul Green deal che gli stessi costruttori confermano di "essere impegnati" a onorare. Ma la loro richiesta, sostenuta da Roma, Berlino e Parigi, è sempre più urgente: servono incentivi per risollevare una domanda che nel continente non decolla.
Alle 10 di mattina i vertici del comparto si sono ritrovati a Palazzo Berlaymont nella sala riunioni dedicata a Jean Monnet, per "affrontare i cambiamenti futuri". Al tavolo, faccia a faccia con von der Leyen, si sono seduti i dirigenti di 22 big dell'automotive tra costruttori (un terzo tedeschi e con Acea a dare voce anche alle istanze di Stellantis), sindacati e associazioni. Assenti invece i governi e i giganti extra-Ue tra cui Tesla, che secondo diverse fonti sarebbe stata invitata. A fine febbraio, ha poi annunciato il vicepresidente Ue Stéphane Séjourné, sarà la volta dei leader di componentistica e batterie, chiamati a raccolta con un messaggio chiaro già espresso nella Bussola per la competitività: l'Europa non può più dipendere da Pechino.
Il piano della Commissione, che sarà nelle mani del commissario Ue per i Trasporti, Apostolos Tzitzikostas, punterà a manodopera, innovazione e un quadro normativo più stabile. Ma il nodo più urgente da sciogliere resta quello delle multe per chi non centra i target di emissioni in vista del traguardo finale del 2035 con lo stop dei motori a benzina e diesel. Von der Leyen ha promesso "flessibilità e pragmatismo": senza toccare i limiti, si lavora a una soluzione per alleggerire il peso sulle aziende. L'idea iniziale di creare pool di costruttori per spartirsi il carico del taglio delle emissioni non convince. A prendere sempre più quota è invece l'idea di congelare le sanzioni a patto che l'automotive si impegni a reinvestire le risorse nella transizione green. E parte dei fondi di coesione Ue, stando a quanto circola nei palazzi Ue, potrebbe essere dirottata su colonnine di ricarica, innovazione, materie prime per le batterie e riqualificazione della manodopera. Misure che l'industria - sostenuta dal cancelliere Olaf Scholz e da Roma e Parigi - chiede vengano poi ampliate con un piano europeo di incentivi. Il primo passo è già deciso: partire dalle flotte aziendali. Dopo, potrebbe prendere forma l'idea di un sistema di defiscalizzazione.
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