Alla fine si è conclusa nel migliore dei modi la vicenda del cittadino libico, Wassim Chakma, arrestato e condannato pochi giorni fa da un tribunale tunisino a cinque anni di carcere per aver tentato di far entrare in Tunisia 150 chili di couscous, un quantitativo che le autorità tunisine hanno qualificato come contrabbando. La sentenza aveva provocato un'ondata di indignazione in Libia, alimentando tensioni nelle zone di frontiera tra i due paesi.
Chakma era stato fermato con il carico di couscous, un alimento tradizionale simbolo della cucina nordafricana, che l'uomo affermava essere destinato esclusivamente al consumo personale e della famiglia. Tuttavia, la giustizia tunisina ha considerato la quantità eccessiva, optando per una condanna severa che ha riacceso il dibattito sull'applicazione delle leggi contro il contrabbando nel paese.
La decisione ha avuto immediate ripercussioni: testimonianze locali hanno riportato episodi di maltrattamenti ai danni di cittadini tunisini ai valichi di frontiera nell'ovest della Libia, in quello che sono apparsi come gesti di rappresaglia.
La situazione si è complicata ulteriormente con il destino di decine di tunisini detenuti in Libia, recentemente deferiti alla giustizia locale. Le loro famiglie temevano infatti che il clima di ostilità potesse influire sui processi, portando a pene più dure come risposta al caso Chakma. Da entrambe le parti si sono levati appelli alla moderazione: in Tunisia, alcuni hanno chiesto una revisione della sentenza in appello per allentare le tensioni, mentre in Libia si denunciava un presunto accanimento giudiziario.
L'incidente, apparentemente banale, ha messo in luce le fragilità delle relazioni bilaterali, già segnate da anni di instabilità politica e da una porosità dei confini che favorisce traffici illeciti. "150 chili di couscous che rischiano di deteriorare i rapporti tra due paesi fratelli sono un segnale preoccupante", ha commentato un osservatore locale, mentre altri hanno sollevato dubbi sulla veridicità dei dettagli dell'episodio, suggerendo che possa celare dinamiche più complesse.
La diplomazia ha fatto il suo lavoro e alla fine la vicenda si è risolta nel miglior dei modi, con la liberazione di Chakma che è stata annunciata dal presidente dell'Osservatorio tunisino per i diritti umani, Mustafa Abdelkebir.
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