È ispirato ad un tragico fatto di
cronaca familiare avvenuto a Busto Arsizio 'Confiteor' di
Giovanni Testori, che sarà in scena nel Teatro Elicantropo di
Napoli da giovedì 27 marzo alle ore 20.30 (repliche fino a
domenica 30), con Giuseppe Calamunci Manitta e Tiziana Risolo,
per la regia di Alfredo Traversa.
Scritto nel 1985 e messo in scena per la prima volta nel 1986,
Confiteor, sottolinea una nota, "rappresenta l'apice della
produzione drammaturgica di Giovanni Testori, oltre che uno dei
testi più significativi del teatro italiano degli ultimi
decenni". Presentato da Enecedete, l'azione dell'allestimento è
affidata a due voci: un giovane che, per eccesso di amore e
quindi di disperazione, si fa fratricida, e una madre, che
nell'abisso del proprio dolore non desiste dal gettare la sua
annichilita speranza sull'orgoglioso calvario del figlio. "Due
voci incatenate la cui violenta risonanza riempie da sola
l'intero spazio scenico - si mette in evidenza - Un'opera
capolavoro, che il teatro italiano ha sempre trascurato proprio
per la sua pericolosa capacità di ri-svegliare le coscienze
degli spettatori e dei teatranti".
Il nocciolo attuale dello spettacolo è il dilemma, il
mistero, il buio che d'improvviso travolge una famiglia con la
nascita di un 'diverso', di un disabile. La vita di una famiglia
(madre, padre e due figli) in quest'opera, "è l'apoteosi della
ricerca spasmodica dell'amare senza riuscire a capire come
fare". Il regista e attore pugliese Alfredo Traversa da anni si
dedica alla riproposizione di questo testo, la cui visione è
emotivamente molto forte per il pubblico a causa del suo
particolare tema e di come viene esposto. Si tratta, come tutto
il teatro testoriano, di teatro della "parola", in quanto molto
più che alle forme è proprio alla parola affidato il compito
della "rivelazione" dei propri comportamenti, ma anche dei
propri pensieri e della propria natura più profonda, in cui lo
spettatore può identificarsi per quanto tale operazione possa
risultare anche sgradevole. Confiteor rivela già nel titolo la
sua vocazione a connettersi con l'originaria funzione del
teatro; la confessione è parzialmente liberatoria ma è pubblica,
serve soprattutto a provocare un dibattito con noi stessi e con
gli altri: il teatro sembra indicarci una strada per diventare
uomini e donne migliori. Emerge l'importanza della pietà e della
carità. "Uno spettacolo per chi ama il teatro, per chi crede nel
teatro come possibilità di cambiamento, che capiterà raramente
di vedere sulle scene italiane" conclude la nota.
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