È un intervento innovativo quello
che ha salvato la vita di Carlo (nome di fantasia) da una grave
malattia dell'arco aortico. La procedura è stata realizzata per
la prima volta nella Cardiochirurgia del Monaldi, andando ad
ampliare in modo significativo le opzioni terapeutiche
all'avanguardia a disposizione dei pazienti. La storia di Carlo
è però emblematica. L'uomo, 80 anni, si è rivolto al pronto
soccorso del presidio ospedaliero Cto per un malore. Le sue
condizioni sono apparse subito gravi. Ai primi accertamenti sono
emersi, oltre ad un voluminoso aneurisma dell'aorta addominale
sovrarenale, una trombosi parziale dell'aorta addominale e una
trombosi totale del tripode celiaco e della mesenterica
inferiore (due vasi che nascono dall'aorta e che forniscono
sangue a gran parte degli organi addominali).
Immediato, dunque, il trasferito presso l'Unità Operativa
Complessa di Chirurgia Vascolare del Monaldi. All'angiotac total
body, successivamente eseguita, è emerso, inoltre, che il
paziente presentava un voluminoso pseudoaneurisma dell'arco
aortico. Una patologia che consegue ad una rottura della parete
aortica e che evolve verso la definitiva rapida rottura e,
quindi, verso un esito infausto per il paziente. Di qui la
scelta di operare in urgenza.
Carlo, però, è un paziente ad altissimo rischio. La tecnica
tradizionale per questa tipologia di intervento prevede che il
paziente venga posto in circolazione extracorporea, arrestando
il cuore, e il corpo venga portato a una temperatura di 26 gradi
centigradi, di fatto fermando completamente la circolazione
sanguigna e affidando alla cosiddetta "ibernazione" la
protezione degli organi, incluso il cervello.
"Vista l'età e le sue gravi comorbidità, per rendere
accettabile il rischio chirurgico è stato eseguito un
trattamento dell'arco aortico con una tecnica innovativa di
perfusione sistemica attraverso la macchina cuore-polmoni. Una
tecnica che ci ha permesso di trattare con una protesi ibrida
prefabbricata tutta l'aorta senza ricorrere all'ibernazione e
all'arresto cardiocircolatorio che, di fatto, avrebbe messo a
serio repentaglio la vita del paziente", spiega la professoressa
Marisa De Feo, direttore della UOC di Cardiochirurgia generale
dell'Azienda Ospedaliera dei Colli e Professore ordinario di
Chirurgia cardiaca dell'Università degli studi della Campania
"L. Vanvitelli", che ha eseguito l'intervento con il supporto
operativo del dottor Ciro Bancone.
Regolare e senza complicanze il decorso post operatorio. "Ad
oggi - prosegue la professoressa De Feo - questa tecnica
rappresenta il primo intervento di trattamento di patologia
dell'arco aortico trattato con protesi ibrida prefabbricata
eseguito in perfusione sistemica continua senza arresto di
circolo e senza necessità di raffreddare eccessivamente il
paziente".
"Queste procedure fanno parte di un'offerta terapeutica
avanzata che prevede l'utilizzo delle tecniche cardiochirurgiche
più innovative, endovascolari o ibride, impiegando, dove
possibile, approcci mininvasivi (ministernotomia,
minitoracotomia), per il trattamento di tutte le patologie
cardiovascolari", conclude Anna Iervolino, direttore generale
dell'Azienda Ospedaliera dei Colli.
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