CESARE PACITTI, IL MATRICIDA, Processo Pettine, Corso Buonos Aires 48 (Youprint, pp.
408, 25 euro).
Milano, Giugno 1926, i resti di Erminia Ferrara marcivano
compressi in un baule da quattro mesi. La signora, detta "la
contessa del Viminale" per le sue "frequentazioni" di ambienti
fascisti, era moglie separata del commendatore Giovanni Pettine,
pioniere del cinema. Il figlio Renzo, studente liceale
diciassettenne, svuotò la cassaforte del padre e si rese
irreperibile. Fu arrestato a Desenzano del Garda, dove si
presentava come il nobile spagnolo 'Señor Louis de Santo
Jermano'. Il delitto, per le modalità di occultamento forzoso
della vittima, suscitò ribrezzo e sdegno. Renzo Pettine non era
sano di mente o era un comune criminale?
Il caso, tratto dalla cronaca di una storia vera che
all'epoca impressionò Carlo Emilio Gadda, è ricostruito nel
libro dell'avvocato di Bologna Cesare Pacitti. Il 'processo
Pettine' oggetto di un'interrogazione parlamentare al Ministro
della Giustizia, nel mondo scientifico fu l'occasione per
approfondire il dibattito sui manicomi criminali di Stato e il
ruolo delle perizie psichiatriche nei processi penali. Si parlò,
inoltre, di un'indagine parallela condotta dalla polizia
politica in quanto si vociferò che la Ferrara custodisse atti
segreti del delitto Matteotti, che avrebbe dovuto consegnare a
Roberto Farinacci. In appendice anche l'arringa dell'avvocato
dell'epoca, Genuzio Bentini.
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