"Non ho niente a che fare con
Bologna, è tutto inventato". Lo ha quasi gridato Paolo Bellini,
imputato nel processo sulla Strage del 2 agosto 1980 durante
quasi due ore di dichiarazioni spontanee nel processo di
appello.
"Io non posso aver minacciato e non minaccio i magistrati.
Non posso minacciare i giudici, sono andato in Sicilia nel 1992
dopo la morte di Falcone e Borsellino per salvare i giudici, ho
sempre amato i giudici, fatto tutti i favori di questo mondo",
ha aggiunto in un altro passaggio, lui che in estate è stato
arrestato anche per le minacce al presidente della Corte di
primo grado, Francesco Caruso.
Un'ampia parte delle dichiarazioni è stata dedicata alla sua
moglie, che lo ha accusato, Maurizia Bonini. La donna, ha detto
l'imputato "mente su tutti i fronti". L'imputato ha ribadito la
richiesta di essere messo a confronto con lei: "Facciamo i
confronti con la Bonini, era al corrente di alcune cose. Mettete
30 chilometri di paravento, ma sono io che ho paura di lei non
il contrario. La conosco molto bene". E ancora: "Mia nipote
avrebbe potuto testimoniare la verità sul banco dei testimoni,
le è stato vietato dai Bonini"
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