Il capolavoro di Thomas Eliot,
Assassinio nella cattedrale, rappresenta una testimonianza senza
tempo sul rapporto fra opposti, nel cuore della civiltà
occidentale: potere temporale e potere spirituale, ragione e
fede, individuo e Stato, libertà e costrizione. Lo spettacolo,
tratto dal dramma omonimo e interpretato da Moni Ovadia e
Marianella Bargilli, va in scena al Teatro Comunale di Ferrara
dal 8 al 10 marzo (alle 20,30, domenica alle 16) con la regia di
Guglielmo Ferro.
Nella cattedrale di Canterbury il 2 dicembre 1170: sono gli
ultimi giorni dell'Arcivescovo Thomas Becket, di ritorno dalla
sua permanenza in Francia durata sette anni. La monarchia,
sempre più potente e pericolosa, è divenuta una reale minaccia,
tanto che Becket stesso esprime con rassegnazione, ai suoi
sacerdoti, la consapevolezza di andare incontro al martirio.
Alcuni giorni dopo, infatti, quattro cavalieri inviati da
Edoardo II lo accuseranno di tradimento e porranno fine ai suoi
giorni. Rappresentato nel '35 proprio nei luoghi della vicenda
reale, il dramma (dal quale Ildebrando Pizzetti nel 1957 trasse
anche un'opera lirica) sembra raccontare più l'ascesa ed il
pericolo del nazismo, che le vicende della casata dei
Plantageneti.
Oggi, questo allestimento del dramma mira a una
"trasversalità" storica, una "atemporalità", orientata a
togliere la matrice specifica a questo conflitto, restituendola
ad una dimensione più generalmente estesa. Una scelta confermata
anche dalla presenza di Moni Ovadia, artista, attore, "cantore
dell'impegno", che anche nella sua appartenenza alla cultura
"yiddish", suggerisce una polifonia di linguaggi ed istanze
antropologiche, oltre che storiche, civili e sociali.
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