Giulio Lolli a Tripoli nel 2019 fu
condannato alla pena di morte sostituita poi con l'ergastolo.
L'informazione emerge dalle sentenze libiche recentemente
trasmesse per le via diplomatiche attraverso le ambasciate
italiana e libica. L'imprenditore bolognese, finito a processo e
condannato a Rimini e a Bologna per le vicende della Rimini
Yacht, fuggito in Libia ed estradato nel 2019 sotto l'impulso
della Procura della Repubblica di Rimini e quindi del sostituto
procuratore Davide Ercolani, è attualmente in carcere in Italia.
Lo stesso Lolli in una lunga nota lo scorso gennaio
attraverso il suo avvocato, Claudia Serafini, si era detto
"indignato" per la scarcerazione di Almasri Osama Najeen, uno
dei suoi carcerieri. Nel fascicolo libico su Lolli vengono
riepilogati alcuni fatti accaduti in Libia. A partire
dall'arresto per possesso di una pistola da 6 mm.
In base al resoconto, nel 2015 Lolli era riuscito a vendere 5
imbarcazioni di cui una al Ministero del petrolio per 220 000
euro. In quello stesso anno, tra marzo e aprile 2015, le
autorità libiche lo avevano intercettarono in diversi viaggi per
mare. Il "pirata" che si faceva chiamare Karim dopo la
conversione all'Islam trasportava cassette di pronto soccorso e
persone da un porto all'altro della Libia. A quell'epoca avrebbe
lavorato per Taha AI-Misrati, un comandante militare che aveva
occupato una larga parte del porto di Tripoli. Ma i guai quelli
veri che lo porteranno ad una sentenza di pena di morte arrivano
durante la rivoluzione. Lolli, come si legge nel resoconto
libico era "uno straniero di nazionalità italiana senza
collegamento con la vicenda libica, era ciò che tecnicamente è
chiamato un mercenario. Per ciò le sue azioni hanno causato
frammentazione e divisione della società libica".
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