Il fondatore del Partito dei
lavoratori del Kurdistan (Pkk), Abdullah Öcalan, è ufficialmente
cittadino onorario di Bologna. Dopo il conferimento della
cittadinanza da parte del Consiglio comunale, lo scorso marzo,
oggi si è svolta la cerimonia di consegna della pergamena al
nipote di Öcalan, Omer. Il riconoscimento è stato consegnato
dalla vicesindaca di Bologna, Emily Clancy, nella Sala del
Consiglio Comunale.
Lo storico leader curdo, che vive da oltre vent'anni
nell'isola prigione di Imrali, in Turchia, a fine febbraio, ha
lanciato un appello storico per chiedere la fine della lotta
armata e invitato il suo partito ad abbandonare le armi. Nel
leggere le motivazioni che hanno portato al conferimento della
cittadinanza, la presidente del Consiglio Comunale, Maria
Caterina Manca, ha sottolineato "la sua opera di difesa dei
diritti e dell'autodeterminazione del popolo curdo, che lo hanno
reso prigioniero politico, chiedendo ripetutamente in questi
anni e anche recentemente la pace per la Turchia, la Siria e
tutto il Medio Oriente attraverso una soluzione politica,
secondo principi e ideali che rispecchiano i valori democratici
della città di Bologna".
Bologna segue quindi quanto fatto da altri Comuni italiani, a
partire da Napoli, che per prima nel 2016 conferì la
cittadinanza al fondatore del Pkk. "Questa è una scelta non solo
simbolica, ma è un atto politico di riconoscimento verso il
popolo curdo e il pensiero di Ocalan", ha detto Clancy durante
il suo discorso.
"In tutti questi anni Abdullah Öcalan ha lottato per la pace
- ha spiegato Omer Öcalan durante la cerimonia - per una
soluzione politica e ispirare il popolo curdo e del Medio
Oriente con un nuovo paradigma per la pace e la giustizia. Lui
vuole creare in Medio Oriente un sistema più pacifico, e
chiediamo allo Stato italiano di appoggiare questa richiesta per
una pace politica e una soluzione pacifica per i curdi. Quando
sono andato a trovarlo in carcere ad ottobre mi ha parlato
dell'Italia e dei circa 60 giorni che rimase a Roma. Mi ha detto
di salutare tutti gli italiani che ha conosciuto. Un'altra cosa,
vorrei chiedere al Governo italiano, anche in futuro, di
appoggiare il processo per la pace in Kurdistan. Noi non siamo
per il conflitto, ma lavoriamo per avvicinare i popoli".
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