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Bologna consegna la cittadinanza onoraria a Öcalan

Bologna consegna la cittadinanza onoraria a Öcalan

Il nipote del fondatore del Pkk: 'Ha sempre lottato per la pace'

BOLOGNA, 14 aprile 2025, 13:52

Redazione ANSA

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© ANSA/EPA

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Il fondatore del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), Abdullah Öcalan, è ufficialmente cittadino onorario di Bologna. Dopo il conferimento della cittadinanza da parte del Consiglio comunale, lo scorso marzo, oggi si è svolta la cerimonia di consegna della pergamena al nipote di Öcalan, Omer. Il riconoscimento è stato consegnato dalla vicesindaca di Bologna, Emily Clancy, nella Sala del Consiglio Comunale.
    Lo storico leader curdo, che vive da oltre vent'anni nell'isola prigione di Imrali, in Turchia, a fine febbraio, ha lanciato un appello storico per chiedere la fine della lotta armata e invitato il suo partito ad abbandonare le armi. Nel leggere le motivazioni che hanno portato al conferimento della cittadinanza, la presidente del Consiglio Comunale, Maria Caterina Manca, ha sottolineato "la sua opera di difesa dei diritti e dell'autodeterminazione del popolo curdo, che lo hanno reso prigioniero politico, chiedendo ripetutamente in questi anni e anche recentemente la pace per la Turchia, la Siria e tutto il Medio Oriente attraverso una soluzione politica, secondo principi e ideali che rispecchiano i valori democratici della città di Bologna".
    Bologna segue quindi quanto fatto da altri Comuni italiani, a partire da Napoli, che per prima nel 2016 conferì la cittadinanza al fondatore del Pkk. "Questa è una scelta non solo simbolica, ma è un atto politico di riconoscimento verso il popolo curdo e il pensiero di Ocalan", ha detto Clancy durante il suo discorso.
    "In tutti questi anni Abdullah Öcalan ha lottato per la pace - ha spiegato Omer Öcalan durante la cerimonia - per una soluzione politica e ispirare il popolo curdo e del Medio Oriente con un nuovo paradigma per la pace e la giustizia. Lui vuole creare in Medio Oriente un sistema più pacifico, e chiediamo allo Stato italiano di appoggiare questa richiesta per una pace politica e una soluzione pacifica per i curdi. Quando sono andato a trovarlo in carcere ad ottobre mi ha parlato dell'Italia e dei circa 60 giorni che rimase a Roma. Mi ha detto di salutare tutti gli italiani che ha conosciuto. Un'altra cosa, vorrei chiedere al Governo italiano, anche in futuro, di appoggiare il processo per la pace in Kurdistan. Noi non siamo per il conflitto, ma lavoriamo per avvicinare i popoli".
   

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