Senza scena, senza luci, con una
sedia pieghevole al centro della scena che è una scatola nera,
per parlare al pubblico faccia a faccia come fosse il suo
psichiatra. Una vera prova d'attrice superata a pieni voti per
Chiara Tomarelli che al Teatro Argot di Roma porta in scena con
coraggio ''Benji'', con i costumi che segnano il suo stato
attuale di giovane donna, con il colore di una vita mai vissuta
fino in fondo, di Barbara Bessi e la regia a togliere di
Pierpaolo Sepe, fino al 20 febbraio. Non ha nemmeno un nome il
suo personaggio, creato dalla straordinaria penna di Claire
Dowie - qui nella traduzione di Anna Parnanzini e Maggie Rose -
caustica scrittrice, attrice, poetessa e pioniera dello stand-up
theatre che è nell'empireo della alternativa drammaturgia
inglese contemporanea. E senza dubbio fa centro anche in questo
testo che l'interpretazione di Chiara Tomarelli rende di una
attualità disarmante. Nei giorni del ''bonus psicologo''
assistere a un'ora e mezza di monologo in cui una bambina, poi
adolescente, poi donna racconta ''da dentro'' il suo disagio
psichico - consumato in una solitudine che fa da eco alle sue
inquietudini - guardandoti negli occhi è senza dubbio
un'esperienza di grandissimo valore. Dal punto di vista
drammaturgico ma anche da quello umano.
Chiara Tomarelli ha l'abilità di trasformarsi in scena
attraverso lo studio di movimenti minimi e inflessioni della
voce. Prima è una bambina di otto anni, sola spaventata, che
parla come un soffio. Poi adolescente di 13 con quella voce che
cresce e trova al suo fianco l'amica immaginaria, Benji appunto,
che le dà la forza di affrontare il suo difficile quotidiano.
Poi a 17 l'esplosione, fisica, mentale, che la porterà più tardi
in manicomio e poi in comunità per un breve periodo felice, di
accoglienza e sostegno. Li vedi quei personaggi che popolano la
vita della protagonista, li vivi, li soffri, ne ridi. Ma Chiara
non lascia la sua posizione mai se non per spostare un minimo la
sedia, in avanti fino a raggiungere il pubblico che alla fine
non può che accoglierla tra le braccia accoglienti del suo lungo
applauso.
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