Dal 1880 al 1884 il Teatro Carlo
Felice, il principale palcoscenico genovese, restò chiuso per
una complessa vertenza che contrappose i palchettisti al Comune.
In quelle quattro stagioni furono pertanto particolarmente
attivi i palcoscenici storicamente rivali del Carlo Felice,
ovvero il Politeama Genovese e il Paganini. E proprio a quel
periodo risalgono due prime cittadine di assoluto rilievo.
Il 15 giugno 1880 il Genovese ospitò "Lohengrin", prima
apparizione genovese di Wagner, opera attesa e discussa in un
ambiente nel quale si erano già creati i partiti opposti dei
wagneriani e degli antiwagneriani. Il 26 novembre 1881 il
Paganini (palcoscenico allora ubicato in via Caffaro) mise
invece in scena, "Carmen" di Bizet diretta da Giuseppe Bossola e
con Celestina Galli-Mariè nel ruolo della protagonista. Fu un
grande successo. Fra il pubblico c'era Friedrich Nietzsche, il
celebre filosofo tedesco che era arrivato, non per la prima
volta, a Genova, agli inizi del mese. Il 6 novembre 1881 aveva
scritto a Peter Gast, pseudonimo di Heinrich Koselitz: "Qui a
Genova, sono così ricco, così fiero, così principe Doria e non
desidero nulla…. Sono stato a teatro… e ho assistito alla
Semiramide di Rossini e a Romeo e Giulietta (ovvero Capuleti e
Montecchi) di Bellini (quattro volte). In questo mese qui fa
molto bello, la sera sto seduto in un vigneto con il mare le
colline, e le ville sotto di me, faccio un bagno in mare nella
mia grotta dell'aurora…"
La rappresentazione di "Carmen" fu per Nietzsche una
autentica rivelazione. Come è noto il filosofo era stato un
wagneriano convinto, totalmente affascinato dalla personalità
artistica, ma anche umana, del grande musicista. Ma se ne era
poi gradualmente allontanato per trasformarsi in un critico
quanto mai severo e implacabile dello stile e della poetica
wagneriana. L'incontro con l'opera di Bizet si rivelò per lui
fondamentale: vide in "Carmen" il modello dell'opera
mediterranea in funzione antiwagneriana. Nietzsche parlò di
quella esperienza in diverse lettere inviate a Gast: "Urrà!
Amico! - si legge nella lettera del 28 novembre 1881 - Ancora
una volta ho conosciuto qualcosa di bello: un'opera di Georges
Bizet (chi è mai costui?) Carmen. Si fa ascoltare come una
novella di Merimée, spiritosa, vigorosa, qua e là commovente. Un
vero talento francese dell'opera-comique, per nulla disorientato
da Wagner: un vero scolaro di Hector Berlioz, cosa che io aveva
ritenuto impossibile. A quel che pare i francesi in quanto a
musica drammatica sono su una migliore strada dei tedeschi.
Hanno su questi la supremazia in un punto essenziale; in loro la
passione non è tirata per i capelli (come in Wagner)".
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