Nessuna corruzione ma una pratica "marinaresca" quella dei biglietti dei traghetti per la Sicilia e la Sardegna regalati a ufficiali della capitaneria, ma anche a forze dell'ordine, magistrati e funzionari delle prefetture. In ogni caso non ci sono le esigenze cautelari per chiedere gli arresti domiciliari. È, in sintesi, quanto affermato dalle difese di Raffaele Laurici, Dpa (Persona designata a terra) della Tirrenia, e Giuseppe Vicidomini, comandante di armamento della Moby e Tirrenia-Cin. I due sono accusati di corruzione per l'esercizio delle funzioni e il pm Walter Cotugno ha chiesto gli arresti domiciliari nell'ambito dell'inchiesta per i mancati controlli ambientali sulle navi della Tirrenia-Cin.
Laurici ha puntualizzato alcuni aspetti delle contestazioni, senza entrare troppo nel merito, visto che le difese non hanno ancora visto tutti gli atti del fascicolo, e ha depositato una memoria difensiva. Vicidomini, assistito dagli avvocati Luca Dellacasa e Angelo Paone, si è avvalso della facoltà di non rispondere. I legali hanno però contestato la sussistenza dell'ipotesi di reato visto che, agli atti, non ci sarebbe una controprestazione per i viaggi offerti. Hanno anche sottolineato come non ci sarebbe alcun pericolo di inquinamento o di reiterazione del reato dal momento che l'indagine è conosciuta da più di un anno e lo stesso comandante e la compagnia hanno collaborato con la procura per risolvere le presunte irregolarità sui traghetti. La settimana scorsa il pm aveva ottenuto il sequestro preventivo di 64 milioni.
Al termine degli interrogatori il giudice deciderà se accogliere le richieste di misure (due domiciliari e 11 interdittive) o meno. Secondo l'impianto accusatorio, le navi della società erano prive dei requisiti fissati dalla normativa internazionale in materia ambientale: alcuni componenti dei motori principali e dei diesel generatori di corrente sarebbero stati manomessi o sostituiti con pezzi di ricambio non originali e, quindi, non conformi alle norme, che sarebbero state aggirate con attestazioni fasulle riportate sui registri o attraverso la contraffazione dei segni di autenticazione di competenza delle autorità pubbliche.
Da questo primo filone, che vede indagato anche Achille Onorato (figlio di Vincenzo e amministratore delegato di Moby), è nata una seconda tranche di inchiesta per corruzione che vede coinvolte una quarantina di persone tra magistrati, forze dell'ordine e alti funzionari delle Prefetture. Per l'accusa, sostenuta dal pm Walter Cotugno, avrebbero viaggiato gratis o con forti sconti verso la Sicilia o la Sardegna. Domani verranno interrogati Massimo Mura, ex amministratore delegato di Tirrenia e due dipendenti della società.
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