Risotto alla certosina, branzino
bollito con maionese, bue brasato, costolette d'agnello, carni
alla parmigiana, tacchino arrosto, insalata, dolce, frutta,
gelato al rum. E' la lista del menù servito all'Hotel Milan di
Milano a Giuseppe Verdi, il 7 gennaio 1901, venti giorni prima
della sua scomparsa a 88 anni. Verdi era certamente di buon
appetito. Amava la tavola della sua regione, ma si appassionò
pure alla cucina genovese. Come è noto il grande compositore
trascorse molti inverni a Genova abitando dal 1867 a Palazzo
Sauli in Carignano e dopo il 1874 a Palazzo del Principe.
Adorava il pesce e i ravioli. La mattina girava tranquillamente
per i mercati dove si incontravano figure oggi impensabili.
Quanti coristi, ad esempio, avevano allora un banco oppure,
nelle città di mare, lavoravano in porto. Una mattina del 1886,
dunque, Verdi andò a comprare del pesce in "Chiappa", la
pescheria che era vicino a piazza Cavour nel centro di Genova.
Il pesciaio gli annunciò soddisfatto che la sera avrebbe cantato
come comprimario nell'Aida la parte del Re. E il compositore,
dopo aver dato un'occhiata ai prezzi sul banco, commentò: "Però
guadagna molto di più qui che sul trono del Carlo Felice".
A Genova il compositore poteva contare su amici fidati che,
quando era lontano, ne curavano gli interessi. Fra i più intimi
c'era Giuseppe De Amicis, spesso incaricato degli acquisti in
alcuni negozi "storici" della città, con il quale intrat-tenne
un ricco rapporto epistolare. "Caro De Amicis - si legge in una
lettera da Milano il 22 aprile 1889 - vi prego (scusate la noia)
di andare subito da Romanengo perché spedisca qui a Milano al
più presto due scatole di quanto ha di più scelto in frutti
canditi, fondants etc..." E il 4 maggio 1891 da Sant'Agata
raccomandava: "Carissimo De Amicis... fatemi il piacere di
passare da Giavotto e domandargli perché non è arrivato il
marsala spedito a grande velocità fino da lunedì pagato...".
Infine, il 27 maggio 1900, nuovamente da Sant'Agata, mandava
un'ordinazione per Kleinguti pasticceria storica genovese: "Due
bottiglie di Cognac finissimo, due bottiglie Rhum vero Giamaica,
sei bottiglie Old Port, sei bottiglie Champagne Moet
Chandon...". Ospitare nella propria città il grande musicista
era naturalmente per i genovesi motivo di orgoglio. Kleinguti,
negli ultimi anni di vita del musicista, tutte le mattine
provvedeva a inviargli per la prima colazione una brioche appena
sfornata, ripiena di marmellata, creata per lui e alla quale
venne dato nome "Falstaff". E Verdi lasciò al locale uno
spiritoso biglietto: "Grazie dei Falstaff, buonissimi! Molto
migliori del mio!
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