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Genova Ottocento: Giuseppe Verdi e la cucina genovese

Genova Ottocento: Giuseppe Verdi e la cucina genovese

Pasticceria del centro storico gli dedicò brioche 'Falstaff'

GENOVA, 17 aprile 2025, 12:29

Redazione ANSA

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Risotto alla certosina, branzino bollito con maionese, bue brasato, costolette d'agnello, carni alla parmigiana, tacchino arrosto, insalata, dolce, frutta, gelato al rum. E' la lista del menù servito all'Hotel Milan di Milano a Giuseppe Verdi, il 7 gennaio 1901, venti giorni prima della sua scomparsa a 88 anni. Verdi era certamente di buon appetito. Amava la tavola della sua regione, ma si appassionò pure alla cucina genovese. Come è noto il grande compositore trascorse molti inverni a Genova abitando dal 1867 a Palazzo Sauli in Carignano e dopo il 1874 a Palazzo del Principe.
    Adorava il pesce e i ravioli. La mattina girava tranquillamente per i mercati dove si incontravano figure oggi impensabili.
    Quanti coristi, ad esempio, avevano allora un banco oppure, nelle città di mare, lavoravano in porto. Una mattina del 1886, dunque, Verdi andò a comprare del pesce in "Chiappa", la pescheria che era vicino a piazza Cavour nel centro di Genova.
    Il pesciaio gli annunciò soddisfatto che la sera avrebbe cantato come comprimario nell'Aida la parte del Re. E il compositore, dopo aver dato un'occhiata ai prezzi sul banco, commentò: "Però guadagna molto di più qui che sul trono del Carlo Felice".
    A Genova il compositore poteva contare su amici fidati che, quando era lontano, ne curavano gli interessi. Fra i più intimi c'era Giuseppe De Amicis, spesso incaricato degli acquisti in alcuni negozi "storici" della città, con il quale intrat-tenne un ricco rapporto epistolare. "Caro De Amicis - si legge in una lettera da Milano il 22 aprile 1889 - vi prego (scusate la noia) di andare subito da Romanengo perché spedisca qui a Milano al più presto due scatole di quanto ha di più scelto in frutti canditi, fondants etc..." E il 4 maggio 1891 da Sant'Agata raccomandava: "Carissimo De Amicis... fatemi il piacere di passare da Giavotto e domandargli perché non è arrivato il marsala spedito a grande velocità fino da lunedì pagato...".
    Infine, il 27 maggio 1900, nuovamente da Sant'Agata, mandava un'ordinazione per Kleinguti pasticceria storica genovese: "Due bottiglie di Cognac finissimo, due bottiglie Rhum vero Giamaica, sei bottiglie Old Port, sei bottiglie Champagne Moet Chandon...". Ospitare nella propria città il grande musicista era naturalmente per i genovesi motivo di orgoglio. Kleinguti, negli ultimi anni di vita del musicista, tutte le mattine provvedeva a inviargli per la prima colazione una brioche appena sfornata, ripiena di marmellata, creata per lui e alla quale venne dato nome "Falstaff". E Verdi lasciò al locale uno spiritoso biglietto: "Grazie dei Falstaff, buonissimi! Molto migliori del mio!
   

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