La frontiera con Ventimiglia
che da anni gli immigrati cercano, generalmente invano, di
passare, di giorno o di notte, innumerevoli volte, la linea
ferroviaria con i suoi rumori lontani, le strade dei turisti con
le borse della spiaggia, piene di creme da sole e costumi, i
poliziotti stanchi di prendere in mano centinaia di documenti di
soggiorno sgualciti e le rane, migliaia di rane che la notte
orchestrano sinfonie chiassose e senza tempo. Sono alcuni degli
ingredienti del pluripremiato film 'Il Pianeta degli Umani" di
Giovanni Cioni, prodotto da Graffti Doc con Rai Cinema, per la
prima volta stasera a Torino, al Cinema Massimo, in una serata
evento con il regista e Paolo Manera, presidente di Film
Commission Torino Piemonte, che ha sostenuto il film.
"Un film fuori dagli schemi, un oggetto non identificato,
uno sguardo alieno, un flusso di coscienza, un film sull'oblio
del mondo, sulla vita che combatte la morte, che trova il suo
ambiente ideale nella frontiera di Ventimiglia, perché al
confine con il fantastico, l'onirismo, i fantasmi del passato",
spiega la produttrice torinese residente a Parigi, Enrica Capra.
Sullo sfondo del racconto di questi umani, immigrati,
residenti, villeggianti, c'è la storia di Serge Voronoff, un
medico realmente esistito a cavallo tra '800 e '900, in una
vecchia casa della zona, che in frontiera tutti conoscono. Anche
alle Folies Bergeres e nelle Samba del Carnevale di Rio de
Janero si cantava di lui. Mikhail Bulgakov si ispirò a lui per
'Cuore di Cane' e Mussolini lo citava spesso.
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