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Fotografia: Monika Bulaj, atlante delle minoranze a rischio

Fotografia: Monika Bulaj, atlante delle minoranze a rischio

Performing reportage con autrice 1 aprile a Palermo

PALERMO, 29 marzo 2022, 16:40

Redazione ANSA

ANSACheck

foto di Monika Bulaj - RIPRODUZIONE RISERVATA

foto di Monika Bulaj - RIPRODUZIONE RISERVATA
foto di Monika Bulaj - RIPRODUZIONE RISERVATA

(di Giovanni Franco) "Negli occhi delle persone che incontri devi trovare te stesso. Il mio obiettivo è quello di mostrare le luci nascoste dietro il sipario del grande gioco, i piccoli mondi ignorati dai media e dai profeti di un conflitto globale". Con questo spirito Monika Bulaj, 55 anni, fotografa, nata in Polonia, ma che dal 1993 vive in Italia, affronta i suoi viaggi alla scoperta di popoli e luoghi nelle periferie del mondo che documenta anche con le immagini. Alcune di queste fotografie verrano proiettate venerdì 1 aprile alle 21.30, presso Arci Tavola Tonda ai Cantieri Culturali alla Zisa a Palermo nel performing reportage "Broken Songlines" al quale interverrà l'autrice.
    Nel Medio Oriente e sul Caucaso, in Asia e nelle Afriche degli esili, lungo i confini d'Europa, sotto i nostri occhi sta scomparendo la ricchezza della complessità, in quelle terre dove per millenni le genti hanno condiviso i santi, i gesti, i simboli, i miti, i canti, gli dei. I cristiani del Pakistan, i maestri sufi d'Etiopia e Iran, gli sciamani afghani, gli ultimi pagani del Hindu Kush e degli Urali, i nomadi tibetani, le sette gnostiche dei monti Zagros: Bulaj sta costruendo un atlante delle minoranze a rischio e dei luoghi sacri condivisi, le ultime oasi d'incontro tra fedi, zone franche assediate dai fanatismi armati, patrie perdute dei fuggiaschi di oggi, luoghi dove gli dei parlano spesso la stessa lingua franca, e dove, dietro ai monoteismi, appaiono segni, presenze, gesti, danze, sguardi.
    "Ho viaggiato tra i confini spirituali, nei crocevia dei regni dimenticati, dove scintillano le fedi e le tradizioni dei più deboli ed indifesi, con la loro resistenza fragile ed inerme, la loro capacità al dialogo e all'incontro. In cammino con i nomadi, minoranze in fuga, pellegrini, cercando il bello anche nei luoghi più tremendi. - afferma - La solidarietà nella guerra. La coabitazione tra fedi laddove si mettono bombe. Le crepe nella teoria del cosiddetto scontro di civiltà, dove gli dei sembrano in guerra tra di loro, evocati da presidenti, terroristi e banditi. Al centro è il corpo. Chiave di volta e pomo della discordia nelle religioni. Iniziato e benedetto, svelato e coperto, temuto e represso, protetto e giudicato, intoccabile e impuro, intrappolato nella violenza che genera violenza, corpo-reliquia, corpo martire, corpo-trappola, corpo-bomba".
    "Mi piace pensare il corpo come un tempio. Il corpo che contiene il segreto della memoria collettiva. Il corpo che non mente. Il sacro passa attraverso il corpo. Lo trafigge. Nell'arcaicità dei gesti, si legge la saggezza arcana del popolo, la ricerca della liberazione attraverso l'uso sapiente dei sensi", sottolinea Bulaj che svolge la sua ricerca sui confini delle fedi, minoranze etniche e religiose a rischio, popoli nomadi, in Europa e Asia, in Africa e nei Caraibi. I suoi libri, di reportage letterario e fotografico, sono stati pubblicati da Alinari, Skira, Frassinelli, Electa, Bruno Mondadori, Feltrinelli, Contrasto, National Geographic. Il suo penultimo libro "Nur. La luce nascosta dell'Afghanistan" è stato scelto da Time come uno dei migliori libri fotografici del 2013. Nel 2014 ha ricevuto il Premio Nazionale Non-violenza.
   

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