"Non conosco la consulenza prodotta dalla difesa del signor Stasi, che sarei curioso di leggere, ma posso dire che le tracce di dna trovate sotto le unghie della povera Chiara non erano idonee per una identificazione personale". Luciano Garofano, biologo ed ex comandante del Ris di Parma, commenta così la riapertura dell'inchiesta sull'omicidio di Chiara Poggi.
"Sono sorpreso e incuriosito di leggere la consulenza e le conclusioni a cui arriva, ma le tracce di dna che vennero prelevate sono e rimangono tali", sostiene Garofano, che da comandante dei Ris si occupò anche del delitto di Garlasco.
Che il dna fosse pochissimo lo sostenne anche il professor Francesco De Stefano, genetista che in occasione del processo d'appello bis disse che il materiale a disposizione era così degradato che "non era possibile - era l'opinione del professore riportata negli atti - fare alcuna considerazione né in tema di identità, né in tema di esclusione". "Quello prelevato all'epoca era un profilo parziale e incompleto e non c'è nuova tecnologia che tenga: le tracce - ribadisce interpellato dall'ANSA l'ex generale dell'Arma Garofano - sono e rimangono tali. Può esserci una diversa interpretazione, magari più precisa, ma a mio avviso rimane sempre il limite di un profilo molto parziale".
Garofano si sofferma anche su un altro aspetto della vicenda, le impronte di scarpe trovate accanto alla vittima nella villetta di Garlasco. "Da quanto ho letto in merito alla sentenza - dice al riguardo - credo che la decisione della Cassazione di riaprire il caso sia condivisibile nella parte in cui critica il Gip per avere archiviato senza motivare in modo adeguato la questione delle impronte".
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