Vittorio Sgarbi è stato assolto
anche in Cassazione dall'accusa di diffamazione nata da una
querela di Piercamillo Davigo: è stata confermata, dopo che era
stata già riconosciuta dal tribunale e della Corte di appello di
Bologna, l'esistenza della scriminante del diritto di critica.
L'ex magistrato aveva accusato il critico d'arte, difeso
dall'avvocato Giampaolo Ciccone, per un articolo apparso su
Quotidiano.net il 10 marzo 2017.
Il giorno prima Davigo aveva fatto un'intervista televisiva
affermando che all'epoca di 'Mani pulite' l'uso delle misure
cautelari era stato correttamente esercitato dal suo ufficio.
Sgarbi, imputato insieme ad Andrea Cangini, in quanto all'epoca
direttore della testata (anche lui assolto perché il fatto non
sussiste) sulla rubrica 'Sgarbi vs Capre' aveva citato il
suicidio in carcere, dopo 134 giorni in carcere, di Gabriele
Cagliari, coinvolto in Tangentopoli, nel 1993. Sgarbi scrisse,
riferendosi a Davigo: "Ora con disgustoso cinismo si assume la
responsabilità di quel crimine non riconoscendo gli eccessi
nell'uso della misura cautelare se non nelle scarcerazioni".
Davigo ha sostenuto che l'accostamento delle sue opinioni
sulla legittimità dell'operato del gruppo inquirente dell'epoca
(Procura di Milano) alla drammatica morte di Cagliari avrebbe
finito con attribuirgli la tesi che quella specifica vicenda
fosse stata gestita correttamente, circostanza non vera in
quanto mai si era espresso in merito e soprattutto non si era
occupato di quella inchiesta. Per i giudici, invece, l'articolo
non rimprovera al ricorrente la gestione di quel caso
giudiziario, ma il cinismo di un'idea. La Cassazione sottolinea
come si tratti di un'opinione, sgradita a Davigo, ma legittimata
dal diritto di critica. Un'affermazione fortemente dissenziente
e pungente nel lessico, ma consentita. Una critica che parte da
una base di verità e si manifesta come aspra obiezione verso
un'idea che non si condivide.
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