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Cannes: Quinzaine, sguardi sul Sud del mondo

Cannes: Quinzaine, sguardi sul Sud del mondo

Tra veterano Garrel e prolifico Miike, anche nipote di Allende

ROMA, 10 maggio 2015, 15:43

di Giorgio Gosetti

ANSACheck

La selezione della "Quinzaine des Réalisateurs" 2015 suscita sentimenti controversi ad una prima occhiata sulla carta. Intanto viene da chiedersi, con una certa legittimità senza sciovinismo, come mai per l'ennesima volta da quando né è diventato delegato il critico ed esercente franco-svizzero Edouard Waintrop un film italiano non vi trovi posto. Pensiero malizioso: non si tratta forse di una sorta di "diplomazia indiretta" per non disturbare il massiccio schieramento tricolore ammesso alla selezione maggiore (tre italiani in concorso e uno ad Un Certain Regard)? Il pensiero successivo è più naturale: la presenza francese appare massiccia come da prassi.
    E ciò si spiega bene ricordando che la Quinzaine da ben 47 anni è l'espressione dell'associazione francese dei registi (SRF) e quindi si apre naturalmente a freschi talenti e nobili "rifiutati" del concorso. Sembrano i casi di almeno due titoli da tenere d'occhio come "L'ombre des femmes" del veterano Philippe Garrel, il nuovo lavoro di Arnaud Despleschin ("Trois souvenirs de ma jeunesse"), il promettente esordio dello sceneggiatore di fiducia di Jacques Audiard (Jeremy Saulnier con "Green room") e il gran numero di coproduzioni provenienti dall'area francofona.

Ma la vera considerazione che caratterizza le scelte della sezione degli autori è una confermata fiducia nella capacità di sorprendere delle cinematografie ispaniche dell'America del Sud.
    Farà clamore il viaggio nella memoria dell'esordiente Marcia Tambutti Allende che dopo tanti anni spesi come ricercatrice ri è risolta a guardare in faccia l'immagine pubblica e privata di suo nonno, il presidente Salvador Allende e, attraverso questo ritratto, lontano dall'agiografia, prova a ricucire i fili di una memoria finalmente condivisa sul Cile di ieri e di oggi.

Desta curiosità il viaggio nella giungla amazzonica del colombiano Ciro Guerra che in "El abrazo de la serpiente" spia l'incontro tra lo sciamano Karamakate ed Evan, botanico americano fatalmente attratto dalla cultura delle erbe allucinogene. I cinefili aspettano con impazienza il ritorno dello spagnolo Fernando Leon de Aranoa (già autore de "I lunedì al sole") che porta a Cannes "A perfect day", racconto del disagio sociale con le tragicomiche avventure di un gruppo di volontari con spirito missionario. E i cinefili puri e duri si delizieranno con la trilogia del portoghese ispirata a "Le mille e una notte": tre film visionari e affascinanti ambientati nella società globalizzata delle periferie del pianeta.

 Tra i deliri ironici del belga Jaco Van Dormael ("Il nuovissimo testamento"), i rovelli bucolici del lituano Sharunas Bartas ("Pace nei nostri sogni"), le confessioni delle prostitute marocchine di Nabil Ayouch ("Much Loved") la selezione di quest'anno mostra in effetti il piacere delle diversità e trasforma un punto di vista eurocentrico sul mondo (appena un titolo nordamericano, un solo esponente asiatico, il maestro di "culto" Takashi Miike) in una riflessione sui sud del mondo, quei territori dimenticati dai media e dal potere in cui fioriscono i drammi più segreti e i sogni più frustrati dalla vita.

A conferma di una tendenza comune all'insieme del cartellone di quest'anno sulla Croisette, il sistema dei legami familiari, la difficile evoluzione del rapporto tra le generazioni occupa gran parte delle strutture narrative prescelte dagli autori, anche giovani. Come se il cinema - spesso anticipatore dei movimenti sociali - cercasse nel sistema della famiglia un ancoraggio e una riconoscibilità individuale e sociale, una sorta di pericoloso antidoto allo sradicamento della società globale. E forse proprio per questo le famiglie messe in scena dai cineasti-artisti sono segnate da conflitti profondi, come a dire che il rifugio nella struttura atavica è certamente una salvezza, ma anche una ferrea prigione.

Così la "famiglia allargata" delle sette segrete giapponesi, le famigerate yakuza a cui appartiene il supereroe e martire del film di Miike ("Apocalisse Yakuza") diventa un paradossale simbolo di questo tempo: per fedeltà alla famiglia l'eroe Kamiura perde la vita, ma poiché si tratta di un guerriero/vampiro, con un ultimo morso trasmetterà i suoi poteri a un allievo/figlio elettivo che guiderà vendetta e riscossa contro la ferocia dei potenti d'oggi. Il cineasta più prolifico del mondo (già oltre 100 titoli in 25 anni di carriera) regala alla Quinzaine una sorta di allegoria del tempo presente con il linguaggio dell'eccesso e del mito che più gli sono affini. Si prevedono code interminabili per la prima mondiale del suo film.

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