Al festival di Cannes è stato artefice di una rivoluzione non senza conseguenze, alla Mostra del cinema di Venezia potrebbe diventare un caso visto che ormai con lo streaming cinematografico che annulla la distanza con l'uscita in sala si comincia a fare i conti davvero, per la quantità e l'importanza delle produzioni.
Le associazioni di categoria dell'esercizio cinematografico, l'Anec (cinema) e Anem (multiplex) prendono spunto dalla clamorosa contemporaneità tra passaggio in sala e sulle piattaforme per tentare di fermare quello che sembra un inevitabile salto d'epoca: nell'era conclamata del binge watching, cine o televisivo è indifferente, il rito collettivo del cinema nel luogo pubblico ha perso appeal specie per i Millennials e in futuro sarà un elemento di criticità del settore.
Il 'caso' scoppia ad esempio perchè l'atteso film che aprirà la sezione Orizzonti, in concorso, Sulla mia pelle di Alessio Cremonini, l'emozionante racconto degli ultimi giorni di vita di Stefano Cucchi, interpretato con talento che si preannuncia eccezionale da Alessandro Borghi, uscirà il 12 settembre su Netflix e in contemporanea in sala distribuito da Lucky Red.
Anec e Anem se la prendono direttamente con il direttore della Mostra del cinema Alberto Barbera che in merito al grande spazio dato dal prossimo cartellone del festival (29 agosto - 8 settembre 2018) ai film Netflix (5 più un documentario) e Amazon ha distinto nettamente da quanto accade oltralpe, dove una legge impone le cosiddette 'finestre' di uscita (36 mesi) oltre alla distribuzione in sala. "Pur riconoscendo l'affermazione del Direttore che in Francia esiste una legge che vieta ciò, le modalità di distribuzione condivise finora tra le categorie hanno permesso lo sviluppo complessivo dell'intera filiera; al contrario - sottolinea una nota Anec-Anem - novità introdotte unilateralmente sembrano orientate a perseguire esclusivamente gli interessi di breve periodo solo di una parte, a danno degli altri attori". Oltre all'esempio Cremonini ce ne sono altri, come l'atteso nuovo film di Alfonso Cuaron, 5 anni dopo Gravity.
Roma, in corsa per il Leone d'oro, storia autobiografica in della sua infanzia nella Città del Messico del 1970 con la fotografia in bianco e nero di Emmanuel Lubezki è di Netflix (che lo escluse da Cannes nel braccio di ferro con Fremaux) e secondo quanto anticipato da Barbera potrebbe avere un'uscita "limitata' in sala. Il tema è delicato oltre che epocale nel senso letterale del termine. Se fino ad un paio di anni fa erano prodromi di criticità ora il cinema è ad un passo (o già oltre) dal burrone. Se si sommano i 6 Netflix (anche 22 July di Paul Greengrass, The Ballad of Buster Scruggs dei Coen (Concorso) tutti in streaming nel 2018; The Other Side of the Wind l'incompiuto di Orson Welles e documentario annesso, ai due in concorso di Amazon Studios ossia Suspiria di Luca Guadagnino e Peterloo di Mike Leigh, siamo ad 8 una percentuale già molto alta. Barbera ha sottolineato come non spetta ad un festival "salvare" il cinema per quanto alla sala i nati nel Novecento siano affezionati. "L'esercizio, rispondono oggi le associazioni di categoria, rimane il principale canale di sfruttamento e valorizzazione di un'opera cinematografica. E' in una fase di grave crisi, per via di problemi strutturali del mercato (stagionalità e fiscalità in primis) che meritano un approfondimento e un'analisi che si stanno sviluppando presso i competenti contesti istituzionali. La Legge Cinema ha fornito i primi strumenti: l'Esercizio è a disposizione per lavorare a soluzioni utili al mercato, ma senza penalizzare questa fondamentale catena del valore. Pertanto, le Associazioni dell'esercizio cinematografico si opporranno con ogni mezzo a tale proposta, se le convergenze sulle finestre di sfruttamento verranno disattese senza l'avallo dei Cinema Italiani".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA