"Di questo ultimo anno esiste un prima, un durante ed esisterà anche un dopo. Come l'ho vissuta? Mi sono sentita messa da parte. Prima della pandemia ero convinta che il lavoro che faccio, che facciamo noi artisti, fosse necessario per la comunità. Ho capito che non è così, che non siamo centrali come pensavo. Oggi mi sto riprendendo da una profonda depressione, per come ho scoperto che è percepito il nostro settore: di nessuna importanza". Parla a cuore aperto Emma Dante, drammaturga, regista, attrice, celebrata e applaudita in tutta Europa. Presto anche a New York, dove a settembre accompagnerà "Le sorelle Macaluso", il film che ha tratto dalla sua stessa pièce teatrale, già premiato con cinque Nastri d'argento. "Non sono mai stata a New York. D'altronde sono una ragazza di provincia io…", sorride lei.
Intanto, si prepara al debutto "Pupo di zucchero. La festa dei morti", suo nuovo spettacolo liberamente ispirato a "Lo cunto de li cunti" di Giambattista Basile, in prima assoluta dall'8 al 10 luglio al Pompeii Theatrum Mundi (la rassegna a cura del Teatro di Napoli-Teatro Nazionale su direzione artistica di Roberto Andò), per poi approdare il 16 luglio al Festival di Avignone, che quest'anno le rende un lungo omaggio, con anche le proiezioni dei suoi film e alcuni suoi spettacoli, come Le sorelle Macaluso e Misericordia (testo da cui la Dante ha già in programma il terzo film).
"L'idea di Pupo di zucchero - racconta all'ANSA - mi è venuta leggendo quella raccolta di favole bellissime di Basile, da cui avevo già tratto La scortecata. Alla base c'è una tradizione sentitissima da noi al Sud: quella di preparare del cibo per i defunti nel Giorno dei morti del 2 novembre. Una festa che ricordo da ragazzina, a casa mia. E che è importantissima per i bambini, che imparano a conoscere i nonni, gli zii, i famigliari che non sono più in vita. Perché il fatto che non ci siano più non vuol dire che non esistano".
Protagonista della pièce è un vecchio "'nzenziglio e spetacchiato", che solo in una casa vuota con acqua, farina e zucchero prepara "l'esca pe li pesci de lo cielo": il pupo di zucchero, appunto. Mentre l'impasto lievita richiama alla memoria la sua famiglia di morti e la casa si riempie di ricordi e di vita: mammina, "una vecchia dal core tremmolante", il giovane padre disperso in mare, le sorelle Rosa, Primula e Viola, Pedro dalla Spagna che si strugge d'amore per Viola, zio Antonio e zia Rita che "s'abboffavano 'e mazzate", Pasqualino tuttofare.
Raramente autori riescono a raccontare la morte così "viva", così parte dell'esistenza come Emma Dante. "La morte è sempre accanto a noi, non è un fatto straordinario", riflette la regista, che a settembre aprirà anche la stagione del San Carlo di Napoli firmando la regia della Boheme. "E' un anno che la morte ci accompagna - prosegue - E' proprio una bella stronza, perché arriva quando nessuno l'ha invitata. Ma è un problema dei vivi, non dei morti. Io cerco di affrontarla, di invitarla al banchetto, a patto che poi se ne vada - sorride - Ma il tabù della morte non aiuta. Fa sentire immortali, quando non lo siamo affatto. Il teatro è una palestra anche per questo, per imparare a non scappare alle condizioni della vita".
Oltre ad Avignone, in questi giorni anche il Campania Teatro Festival le rende omaggio con "Bestiario Teatrale", mostra a cura di Maria Savarese, che fino al 10 luglio al Refettorio di San Domenico Maggiore a Napoli ripercorre vent'anni del suo teatro. "Ne sono onorata, ma io mi sento sempre in cammino, non credo di essere arrivata da nessuna parte. Quello che mi spiace - riflette - è quando si debba rimarcare regista 'donna'. Mi da molto fastidio essere sempre un 'caso'. Come dire, che non me lo devo dimenticare che sono una femmina e che sono un'eccezione.
Di un uomo regista invece - prosegue - non si specifica mai il sesso. E non è solo una questione italiana: a guardare premi e festival internazionali, candidati e premiati sono tutti uomini.
Su questo importantissimo tasto il mondo è indietro, perché la donna viene da un lungo letargo. Si sta svegliando adesso, finora non le era consentito avere una sua voce. Come si cambiano le cose? Non lo so, non lo so davvero. Serviranno una-due generazioni".
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