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In Italia il debutto della Suonatrice liuto di Vermeer

In Italia il debutto della Suonatrice liuto di Vermeer

A Capodimonte per la prima volta capolavoro dal Met di New York

ROMA, 14 novembre 2016, 10:16

Nicoletta Castagni

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Tra le tele più celebrate di Jan Vermeer, 'La donna con il liuto', conservata al Metropolitan Museum di New York, arriva per la prima volta a Napoli per una grande mostra allestita dal 18 novembre al 9 febbraio negli spazi del Museo di Capodimonte. Ad affiancare il capolavoro del maestro di Delft ci saranno un liuto e una carta geografica simili a quelli raffigurati con tanta precisione nel dipinto, nonché altre quattro opere con donne suonatrici, provenienti dalla immensa e prestigiosissima collezione museale partenopea, di cui tre ispirate all'ambito devozionale, a testimoniare come nel XVII secolo la scelta di soggetti di musiciste potesse avere valenze assai differenti.
Vermeer, di cui si conosce solo una quarantina di opere certe, nessuna però costudita nei musei italiani, realizzò 'La donna con il liuto', probabilmente intorno al 1664 ed é quindi un dipinto della sua piena maturità. La tela rappresenta una giovane donna intenta ad accordare lo strumento, mentre rivolge lo sguardo alla finestra da cui entra una chiara luce diurna.
Luce che riverbera sul grande orecchino di perla a goccia e sulla collana, sempre di perle, che le cinge il collo. Ipotesi diffusa è che la modella sia proprio la moglie di Vermeer, dal momento che indossa una mantella di seta gialla bordata di pelliccia che in effetti possedette, come rivelano gli inventari, e che compare anche in altre opere del maestro.
L'espressione colta dal genio olandese sul volto della giovane donna è quella di un istante di distrazione, come se qualcosa fuori dalla finestra ne avesse per un attimo catturato l'attenzione distogliendola dalla musica. Il tema potrebbe rientrare nella tradizione delle scene di concerto amoroso, molto diffusa nell'arte olandese del tempo, tanto che, come in questo dipinto, la presenza dell'uomo poteva essere evocata anche senza la sua effettiva rappresentazione.
Nella stanza, il tavolo a cui si appoggia è coperto da una stoffa, su cui stanno alcuni libri, forse di musica, poggiata a una parete, una seconda sedia rivestita di pelle fissata con borchie. Al muro, infine, una carta geografica dell'Europa, come se ne realizzavano ad Amsterdam e nelle altre città olandesi in quegli anni. Vermeer la riproduce così bene che si può risalire a quella pubblicata da Jodocus Hondius nel 1613 ed editata nuovamente nel 1659 per inserirla nel Theatrum OrbisTerrarum. In terra si intravedono una viola da gamba e qualche altro libro.
Alla stregua degli altri capolavori dell'artista, protagonista è la luce, accentuata dai forti contrasti con le zone d'ombra che scandiscono più piani di profondità.
Nel percorso espositivo messo a punto dal Museo di Capodimonte per rendere omaggio al capolavoro di Vermeer sarà possibile approfondire alcuni aspetti di questa straordinaria, intima rappresentazione feriale, caratterizzata dal forte senso realistico tipico del Secolo d'oro della pittura olandese. Ecco dunque il liuto, identificato con uno strumento a 11 corde, molto vicino a quello realizzato da Jean Des Moulins, datato 1644 e conservato al Musée Instrumental di Parigi. Mentre l'altro elemento che caratterizza fortemente l'ambiente, é proprio la vasta carta geografica dell'Europa, che in mostra sarà rappresentata da quella edita postuma da Willem Blaeu e inserita nel suo Theatrum Orbis Terrarum, sive, Atlas Novus (1644), conservata dalla Società Napoletana di Storia Patria e restaurata per l'occasione.
Seguiranno in un'altra sala alcune opere della collezione permanente, selezionate appunto tra quelle raffiguranti donne musiciste (oltre all''Autoritratto alla spinetta' di Sofonisba Anguissola, tre meravigliose 'Santa Cecilia' nelle straordinarie versioni di Bernardo Cavallino, Carlo Sellitto e Francesco Guarino) per indagare aspetti inerenti al mondo dell'arte seicentesca olandese e ai suoi rapporti con quella italiana, evidenziando non solo le modalità formali e iconografiche del dipinto, ma anche il substrato culturale che sottende l'opera.

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