È stato il più grande Papa
committente-mecenate del Seicento. Letterato e poeta, esperto di
scienze, poi cultore delle arti figurative. Durante il suo
pontificato (il più lungo e rappresentativo del XVII secolo, dal
1623 al 1644) promosse imprese colossali, come il baldacchino di
San Pietro di Gian Lorenzo Bernini o l'affresco del grande
salone di Palazzo Barberini di Pietro da Cortona. Con lui e la
sua famiglia, nacque il barocco a Roma. In occasione del 400/o
dell'elezione al soglio pontificio e dopo oltre tre anni di
ricerche, le Gallerie nazionali di arte antica a Palazzo
Barberini celebrano il "padrone di casa" con "L'immagine
sovrana. Urbano VIII e i Barberini", grande mostra a cura di
Maurizia Cicconi, Flaminia Gennari Santori, Sebastian Schütze,
dal 18 marzo al 30 luglio.
In tutto, 88 opere con 70 prestiti internazionali per più di
mille metri quadri di allestimento, che ne fanno "il progetto
espositivo più ambizioso mai realizzato e prodotto dalle
Gallerie", e che, racconta la direttrice Gennari Sartori, "dagli
spazi per le mostre temporanee" sale su fino "ai grandi saloni
concludendo il percorso iniziato nel 2016 con il recupero di
tutti gli ambienti del palazzo precedentemente occupati dal
Circolo Ufficiali delle Forze Armate".
Una galleria eccezionale che mette insieme Caravaggio e
Bernini, Valentin de Boulogne e Nicolas Poussin, Andrea Sacchi e
Francesco Mochi. Ma anche gli scritti di Galileo Galilei e le
poesie dello stesso Urbano VIII, dalla sua incredibile
biblioteca di oltre 4 mila volumi. Dopo quasi un secolo, tornano
così per la prima volta nella sontuosa residenza di fronte al
Quirinale gli arazzi prodotti nell'arazzeria di famiglia; la
Morte di Germanico di Nicolas Poussin e l'Allegoria dell'Italia
di Valentin de Boulogne; il Ritratto di Taddeo Barberini di
Andrea Sacchi e quello del padre Carlo di Francesco Mochi, fino
al Pan attribuito ad Antonio da Sangallo.
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