Un noir esistenziale, lisergico, cupo, senza speranza, ma completamente coinvolgente questo 'Dostoevskij', serie tv Sky Original, ideata, scritta e diretta da Fabio e Damiano D'Innocenzo passata alla 74ª edizione del Festival di Berlino in anteprima nella sezione Berlinale Special, per poi arrivare prossimamente al cinema con Vision Distribution.
"Volevamo raccontare l'inverno di un essere umano intercettando i sapori, i profumi, un inverno malinconico che non finisce mai.
E questo con un archetipo, quello del detective, ma del tutto scarnificato. Volevamo anche parlare della possibilità di un cambiamento, ovvero di poter scegliere cosa diventare" dice Fabio D'Innocenzo oggi a Berlino. 'L'uomo in inverno' di questa serie in sei episodi girata per la gran parte su un litorale laziale "che sembra l'Alabama" è Filippo Timi (Vincere, Le otto montagne) nei panni di Enzo Vitello tormentato detective dal passato doloroso e che fa uso di droghe per non scomparire del tutto. "Un poliziotto dal passato guasto e dal futuro inevitabile, che si trova a indagare sulla scia di sangue di uno spietato omicida seriale, soprannominato Dostoevskij a causa delle lettere piene di dettagli macabri che lascia sulle scene del crimine" così gli stessi registi parlano della storia. Un uomo poi che vive in una casa isolata e fatiscente sul fiume con una figlia Ambra (una bravissima Carlotta Gamba) che lui nel passato aveva allontanato per un motivo straordinario quanto irraccontabile senza fare spoiler. Ossessionato dalle parole del serial-killer, in Vitello cresce la follia, la sua non è più un'indagine, ma una sorta di discesa agli inferi piena di demoni. "Un poliziotto e un assassino, entrambi intangibili, sfuggenti, fantasmi, che procedono al buio nel buio della coscienza, che si danno la caccia ma anche una carezza, sviscerando assieme una solitudine che tutto assorbe e tutto ingloba. Dostoevskij insomma segue l'indagine più complessa di tutte: il vero crimine è vivere" dicono i due registi romani.
Insomma una storia di 'ultimi': "Che ci è più congeniale e che quando abbiamo abbandonato per una storia medio borghese (America Latina? ndr.) non ha funzionato".
Nel cast della produzione Sky Studios con Paco Cinematografica anche Gabriel Montesi (Favolacce, Siccità, Romulus, Christian) e Federico Vanni (Chiara Lubich - L'Amore vince su tutto, Io sono l'abisso).
Un film pieno di frasi apodittiche e scene maledette (su tutte una colonoscopia in primo piano subita da Timi) in cui c'è ovviamente assenza di giudizio: "Certo non bisogna cadere nella trappola del giudizio, questa è anche la nostra bellezza, siamo già in una dittatura di pensieri" sottolinea Damiano D'Innocenzo. Certo che ci vuole 'assenza di giudizio' dice Timi: "Ma per me non è un problema. Dopo aver lavorato tanto su Shakespeare scardini ogni giudizio. E poi lo dite a me che già balbetto e non vedo un cavolo, così se mi tocca fare una narrazione contro tendenza mi ci butto anche se me la faccio sotto". E dice ancora l'attore: "I D'Innocenzo sono fantastici, ma non ti danni indicazioni. Ho capito poi che dovevo essere profondo e fragile allo stesso tempo e ho subito pensato a Carmelo Bene che diceva che l'attore è la femminilità portata a coscienza. Quello che mi ha illuminato e sostenuto è una frase dei D'Innocenzo letta in sceneggiatura: 'In cielo un temporale feroce come un litigio tra fratelli'. I due registi, infine, sono stati già alla Berlinale al loro esordio con La terra dell'abbastanza, presentato nella sezione Panorama nel 2018, e poi con Favolacce, in concorso nel 2020, Orso d'Argento per la Sceneggiatura. Frase cult della serie Dostoevsky: "Vi ho guariti dall'assurda malattia del vivere".
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