(di Elisabetta Stefanelli)
FULVIO ABBATE, QUANDO C'ERA PASOLINI
(Baldini + Castoldi, PP 375, Euro 19,00).
Tutto inizia con Pippo Baudo quando, capace di raggiungere
qualunque obiettivo, arriva a casa di Pier Paolo Pasolini ''il
maestro'', e strappa l'intervista all'intellettuale più
intellettuale che l'Italia abbia mai avuto che si concede al
presentatore nazionalpopolare in nome della passione che la
mamma nutriva per lui. Gli dice, Pier Paolo, seduto nel salotto
della sua ultima casa romana, all'Eur, in Via Eufrate, che se
non avesse fatto il poeta sarebbe voluto diventare un
calciatore, mezz'ala per la precisione. Era il 1971 e si
trattava di un quiz, La freccia d'oro, con sigla affidata a
Renato Zero e Loredana Bertè e Fulvio Abbate lo ricorda per
averlo visto in tv, ragazzino, sull'allora unico Primo canale.
Uno spaccato che mette insieme, in un episodio, la bellezza
assoluta di questo ''Quando c'era Pasolini'', ''ampio e insoluto
racconto, volutamente, programmaticamente, perfino poeticamente
caotico, nato dalle ceneri di alcune precedenti pubblicazioni'',
ovvero volumi già firmati negli anni passati da Abbate come
''C'era una vota Pier Paolo Pasolini'', ''Pier Paolo Pasolini
raccontato ai ragazzi'', ''Pasolini raccontato a tutti''.
Ma questo che Abbate definisce a più riprese ''un
documentario'', è una straordinaria riscrittura radicale, che
mette insieme senza nessuna pretesa conclusiva, testimonianze
raccolte negli anni, ricordi, letture, derive per i luoghi in
cui Pasolini è vissuto, ipotesi processuali, opinioni personali,
chiacchiere da bar. Carne, intelletto e sangue come solo
Pasolini sapeva essere e che Abbate restituisce magistralmente.
Una monumentale digressione non solo su PPP, ma sull'Italia che
lui amava e combatteva e che amava, odiava e combatteva il suo
punto di vista sempre diretto, mai mitigato. Fino alla tragica
morte a cui qui non si vuole dare una spiegazione pur mettendo
insieme le tante ipotesi che negli anni sono state fatte da
tanti e dallo stesso Pino Pelosi. Qui Pasolini è raccontato
attraverso le parole di chi lo conosceva bene e che quasi sempre
lo ha amato, come Laura Betti, Adele Cambria, Marco Pannella,
Furio Colombo, Dario Bellezza, Bernardo Bertolucci, Mario
Schifano, solo per citarne alcuni di cui l'autore ha raccolto le
voci. Ma ''Quando c'era Pasolini'' non è un libro di
testimonianze è prima di tutto una raccolta di emozionanti
istantanee, fissate nelle strade dove il poeta ha vissuto e che
Fulvio Abbate ha fisicamente attraversato senza risparmiarsi ma
trascinando cuore e parole sull'asfalto. Ci sono i luoghi nella
loro fisicità, Cinecittà e la Tuscolana, il Mandrione, Rebibbia,
Donna Olimpia, il Quarticciolo, Monteverde, l'Eur, l'Idroscalo.
Luoghi raccontati con una evidenza poetica da affascinare anche
chi, come me, a Roma è nato è vissuto. Ci sono le emozioni degli
affetti, i vestiti della Betti, i foruncoli sul sedere degli
interpreti di Salò. C'è la storia del padre Carlo Alberto
dell'Onda ufficiale di Fanteria, compare ovviamente la madre,
gli amici come Alberto Moravia ed Elsa Morante con cui andava a
cena, e Franco Citti e Ninetto Davoli che scrisse una volta
facendo un gioco di società con quegli amici che Pier Paolo gli
piaceva perchè ''c'ha la Giulietta sprint''. Ci sono i film e il
suo sguardo sul set, gli articoli, il libro incompiuto, le
verità forse portate nella tomba. E poi ci sono i simboli di un
tempo scomparso che attraversano il libro come correndo in una
scia di domande più che di nostalgia: dall'eskimo alla Gilera
Arcore 125 che sfreccia su strade ancora deserte. Perchè la
storia di Pasolini è la nostra storia.
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