(dell'inviata Mauretta Capuano)
Racconta la storia di una
generazione dimenticata attraverso lo sguardo di due donne di
diverse generazioni - Atara, architetto cinquantenne, e
l'anziana Rachel che faceva parte della Resistenza contro gli
inglesi prima della fondazione dello Stato d'Israele - la
scrittrice Zeruya Shalev nel suo nuovo romanzo 'Stupore' ,
appena arrivato in libreria per Feltrinelli, con cui è al
Festivaletteratura di Mantova.
Tra gli autori israeliani più letti nel mondo con Amos Oz e
David Grossman, la Shalev ripercorre la storia della fondazione
di Israele e ci mette davanti al gap generazionale e ad "un
movimento che alla fine ha fallito: all'uscita dei britannici
nel '48 si sperava in una convivenza pacifica" spiega la
scrittrice che vive a Gerusalemme ed è nata nel kibbutz
Kinneret.
"Le cose sono cambiate molto velocemente. Rachel è più fanatica
e concentrata sulle proprie ideologie. Atara guarda più ai
problemi personali. È vero che ci sono grosse differenze ma
legami molto forti tra queste sue donne e generazioni"
sottolinea. "In generale la situazione è assolutamente
devastante e deprimente perché questo conflitto esisteva già
prima della creazione dello Stato d'Israele e si tratta di un
conflitto che ha radici molto profonde. E' difficile raggiungere
la pace, sono stati fatti dei tentativi in passato ma il
risultato è stato il peggioramento ulteriore della situazione.
Nel 2000 ci sono stati incontri a Camp David dove sembrava che
l'atmosfera potesse essere finalmente positiva e subito dopo c'è
stata un'ondata di terrore che è durata cinque anni e della
quale io stessa sono stata vittima. E' come se si riuscisse a
fare un passo in avanti e subito dopo ci ritrovasse dieci passi
indietro. Io avrei in cuor mio una soluzione ma mi rendo conto
che non è praticabile: bisognerebbe che le parti liberatesi
unissero. Spero sempre che ci possa essere un futuro migliore,
che nel breve termine i palestinesi potranno avere forse una
nuova leadership, che i nostri vicini, gli Stati arabi, ci
daranno una mano. Non perdo mai la speranza ma mi rendo conto
che la storia non è mai dalla nostra parte" afferma la Shalev.
"Ci si ritrova sostanzialmente a combattere sempre sullo stesso
campo come se ci fossero due bambini che giocano in un parco
giochi e ognuno di loro dice 'questo è solo mio'. Sembra non ci
sia una soluzione, sono stati fatti anche dei tentativi per
dividere il Paese in due tra Palestina e Israele, ma non sono
andati a buon fine. Il clima ora non è molto amichevole.
Aspettiamo che ci siano nuovi progetti e nel frattempo parliamo
se non direttamente ai leder politici alle madri che sono
importanti perché possono influenzare i loro figli ad essere
meno violenti, più collaborativi" dice.
La generazione dei combattenti di cui parla in Stupore è stata
"esclusa dalla società israeliana e ho voluto rendere queste
persone più visibili per me e ai lettori. C'è sempre un legame
molto personale e doloroso fra le generazioni. Nel mio caso è
con mio padre che è molto diverso del padre di Atara nel libro,
che era un combattente, il mio era un critico letterario. Per
scrivere 'Stupore' ho letto e mi sono documentata molto, ma non
ricordo le storie che mi raccontava mio padre, all'epoca non mi
interessavano" racconta.
In realtà la Shalev, come in tutti i suoi libri privilegia la
voce delle donne. "Non volevo raccontare un combattente uomo, ma
donna. E il prezzo che le donne hanno pagato. La maggior parte
miei personaggi sono donne, ma mi piace pensare che racconto di
situazioni umane in generale. Io faccio parte di un Movimento di
donne per la pace e ci chiediamo come possiamo creare progresso,
ma non è facile perché Israele è un Paese a forte impostazione
maschile". La Shalev si è sempre sentita molto attratta dalle
famiglie infelici. "Ho voluto gettare luce in questi traumi per
uscirne più forte. A volte sono talmente presa dal dolore dei
miei personaggi che mi trovo a piangere mentre scrivo". In
'Stupore' troviamo però una fine diversa da tutti i suoi
romanzi, c'è un estremo senso di speranza e grazia.
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