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Zeruya Shalev, Israele prima e dopo la fondazione

Zeruya Shalev, Israele prima e dopo la fondazione

La scrittrice a Mantova con 'Stupore

MANTOVA, 08 settembre 2022, 20:08

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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(dell'inviata Mauretta Capuano) Racconta la storia di una generazione dimenticata attraverso lo sguardo di due donne di diverse generazioni - Atara, architetto cinquantenne, e l'anziana Rachel che faceva parte della Resistenza contro gli inglesi prima della fondazione dello Stato d'Israele - la scrittrice Zeruya Shalev nel suo nuovo romanzo 'Stupore' , appena arrivato in libreria per Feltrinelli, con cui è al Festivaletteratura di Mantova.
    Tra gli autori israeliani più letti nel mondo con Amos Oz e David Grossman, la Shalev ripercorre la storia della fondazione di Israele e ci mette davanti al gap generazionale e ad "un movimento che alla fine ha fallito: all'uscita dei britannici nel '48 si sperava in una convivenza pacifica" spiega la scrittrice che vive a Gerusalemme ed è nata nel kibbutz Kinneret.
    "Le cose sono cambiate molto velocemente. Rachel è più fanatica e concentrata sulle proprie ideologie. Atara guarda più ai problemi personali. È vero che ci sono grosse differenze ma legami molto forti tra queste sue donne e generazioni" sottolinea. "In generale la situazione è assolutamente devastante e deprimente perché questo conflitto esisteva già prima della creazione dello Stato d'Israele e si tratta di un conflitto che ha radici molto profonde. E' difficile raggiungere la pace, sono stati fatti dei tentativi in passato ma il risultato è stato il peggioramento ulteriore della situazione.
    Nel 2000 ci sono stati incontri a Camp David dove sembrava che l'atmosfera potesse essere finalmente positiva e subito dopo c'è stata un'ondata di terrore che è durata cinque anni e della quale io stessa sono stata vittima. E' come se si riuscisse a fare un passo in avanti e subito dopo ci ritrovasse dieci passi indietro. Io avrei in cuor mio una soluzione ma mi rendo conto che non è praticabile: bisognerebbe che le parti liberatesi unissero. Spero sempre che ci possa essere un futuro migliore, che nel breve termine i palestinesi potranno avere forse una nuova leadership, che i nostri vicini, gli Stati arabi, ci daranno una mano. Non perdo mai la speranza ma mi rendo conto che la storia non è mai dalla nostra parte" afferma la Shalev.
    "Ci si ritrova sostanzialmente a combattere sempre sullo stesso campo come se ci fossero due bambini che giocano in un parco giochi e ognuno di loro dice 'questo è solo mio'. Sembra non ci sia una soluzione, sono stati fatti anche dei tentativi per dividere il Paese in due tra Palestina e Israele, ma non sono andati a buon fine. Il clima ora non è molto amichevole.
    Aspettiamo che ci siano nuovi progetti e nel frattempo parliamo se non direttamente ai leder politici alle madri che sono importanti perché possono influenzare i loro figli ad essere meno violenti, più collaborativi" dice.
    La generazione dei combattenti di cui parla in Stupore è stata "esclusa dalla società israeliana e ho voluto rendere queste persone più visibili per me e ai lettori. C'è sempre un legame molto personale e doloroso fra le generazioni. Nel mio caso è con mio padre che è molto diverso del padre di Atara nel libro, che era un combattente, il mio era un critico letterario. Per scrivere 'Stupore' ho letto e mi sono documentata molto, ma non ricordo le storie che mi raccontava mio padre, all'epoca non mi interessavano" racconta.
    In realtà la Shalev, come in tutti i suoi libri privilegia la voce delle donne. "Non volevo raccontare un combattente uomo, ma donna. E il prezzo che le donne hanno pagato. La maggior parte miei personaggi sono donne, ma mi piace pensare che racconto di situazioni umane in generale. Io faccio parte di un Movimento di donne per la pace e ci chiediamo come possiamo creare progresso, ma non è facile perché Israele è un Paese a forte impostazione maschile". La Shalev si è sempre sentita molto attratta dalle famiglie infelici. "Ho voluto gettare luce in questi traumi per uscirne più forte. A volte sono talmente presa dal dolore dei miei personaggi che mi trovo a piangere mentre scrivo". In 'Stupore' troviamo però una fine diversa da tutti i suoi romanzi, c'è un estremo senso di speranza e grazia.
   

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