Stavolta, con la nuova collezione di
Haute Couture per la Primavera/Estate 2024, che ha sfilato a
Parigi nel Musee Rodin, Maria Grazia Chiuri, direttrice creativa
di Dior, ha voluto dare, senza falsa modestia, una lezione di
vera alta sartoria. Il punto di partenza è l'abito "La Cigale",
che monsieur Christian Dior aveva realizzato nel 1952. Ma tutta
la nuova collezione guarda al lavoro del fondatore della maison.
Alle fogge iconiche rilette nei tessuti che alleggeriscono le
forme, rendendo i capi portabili e contemporanei. Dal punto di
vista artistico Chiuri parte invece dal concetto di "aura".
Isabella Ducrot, 94 anni, è l'artista che ha curato
l'installazione della location della sfilata. Un lavoro che ha
intitolato Big Aura, in cui, a partire dalla sua collezione di
tessuti ottomani, analizza la sproporzione fra il capo e la
persona. Ducrot pensa di trasferire la sua aura anche in un
abito. Le pareti della sala lungo la quale si svolge la sfilata
sono tappezzate con 23 abiti smisurati, alti circa cinque metri,
applicati su una griglia disegnata da righe nere irregolari che
rimandano alla trama e all'ordito. Sono memoria degli abiti dei
sultani ottomani visti da Ducrot a Istanbul. Big Aura è per
Maria Grazia Chiuri quell'aura che effonde ogni singolo
manufatto dell'haute couture. Perché la couture rimane il
territorio di rapimento contemplativo in cui la riproduzione
dell'originale non è mai uguale, obbligata com'è ad adeguarsi in
ogni sua riproduzione ai corpi di chi potrà possederla. L'aura
nella precisazione di Walter Benjamin, a cui fanno riferimento
in maniera diversa Chiuri e Ducrot, riflette l'unicità
dell'opera d'arte e la colloca nella memoria collettiva. Chiuri
decide quindi di riattivare il concetto di aura attraverso
l'haute couture che è il mito Dior.
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