"Non è solo un viaggio attraverso la
musica del primo Mozart, ma un'esplorazione delle scelte che
plasmano la nostra esistenza, del dialogo necessario con i
nostri limiti e i nostri desideri; ci invita a chiederci e
riconoscere quale sia la nostra vera natura, indipendentemente
dalle condizioni esterne che ci vengono imposte, e ad ascoltarla
fino in fondo, con il rivoluzionario coraggio della sincerità".
Cecilia Ligorio descrive così la nuova produzione de Il re
pastore di Wolfgang Amadeus Mozart che l'Opera di Roma mette in
scena dal 14 maggio al Teatro Nazionale per celebrare i 250 anni
dell'opera.
La regista, al debutto con la Fondazione capitolina, è
affiancata da Gregorio Zurla per le scene, Vera Pierantoni Giua
per i costumi e Fabio Berettin per le luci. Sul podio Manlio
Benzi dirige l'Orchestra dell'Opera di Roma. Dopo la prima del
14 maggio, trasmessa anche in diretta da Radio3 Rai, quattro le
repliche fino a venerdì 23 maggio. Il direttore Manlio Benzi
ricorda che la composizione "è una Serenata scenica, non una
vera e compiuta opera. Drammaturgicamente è un tronco appena
abbozzato, in nuce si intravede il gioco delle coppie del Così
fan tutte".
Cinque i protagonisti: nella parte di Alessandro, il monarca
razionalista, il tenore Juan Francisco Gatell. Aminta, il re del
titolo, è incarnato dal mezzosoprano Miriam Albano. L'amore è
ben rappresentato dalle figure femminili cui danno voce
Francesca Pia Vitale, nei panni della ninfa Elisa amata da
Aminta, e Benedetta Torre, in quelli di Tamiri, la principessa
in vesti da pastorella.
Il re pastore, dal libretto di Pietro Metastasio, fu scritta
da un diciannovenne Mozart e venne presentata in prima assoluta
nel 1775 a Salisburgo. A Roma è stata messa in scena solo
un'altra volta, il 13 ottobre 1988, diretta da Wolfgang Rennert,
con la regia di Sandro Sequi. L'Opera, con questo titolo,
prosegui quindi la sua indagine nei repertori meno frequentati
con produzioni pensate appositamente per lo spazio del Teatro
Nazionale.
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