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Arbore, 40 anni fa la rivoluzione di Quelli della notte

Arbore, 40 anni fa la rivoluzione di Quelli della notte

"Un fenomeno che anticipò i tempi con 40 formidabili personaggi"

ROMA, 19 aprile 2025, 14:51

Redazione ANSA

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Una surreale compagnia di personaggi-archetipo, riuniti in un salotto arabeggiante e kitsch, tra digressioni improbabili, tormentoni lapalissiani, gossip da pianerottolo e edonismo reaganiano: quarant'anni fa, il 29 aprile 1985, in seconda serata su Rai2, debuttava Quelli della notte, il primo late show made in Italy, jam session tra varietà, talk e musica, che cambiò per sempre il linguaggio televisivo.
    "Venivo dal successo di Cari amici vicini e lontani, dedicato ai sessant'anni della radio, che l'anno prima aveva fatto anche 18 milioni di spettatori, ma non volevo rimanere ancorato alla nostalgia: proposi così a Giovanni Minoli il primo programma notturno della tv italiana, che andasse al posto del monoscopio che appariva puntualmente alle 23. E lui, da sempre grande creatore di televisione, accettò la sfida", racconta Renzo Arbore.
    Ma Quelli della notte non è stato soltanto "la prima seconda serata nella storia della tv. È stato un fenomeno, il manifesto degli anni '80: ufficializzava la fine degli Anni di Piombo e sdoganava il sorriso, la Milano da bere, la fertilità del cinema e del teatro. E rispetto alle riviste di Antonello Falqui, di Pippo Baudo, di Corrado, scritte e recitate meravigliosamente, inaugurava l'improvvisazione e metteva in scena quaranta facce nuove. Di fatto era una situation comedy".
    "Con Ugo Porcelli, coautore della trasmissione - ricorda divertito Arbore - in una settimana a casa mia immaginammo i quaranta personaggi". C'era Riccardo Pazzaglia, filosofo partenopeo e teorico del 'brodo primordiale', che aveva sposato come fede quella di "alzare il livello" della trasmissione: "Gli suggerii di ispirarsi a un vero intellettuale, Alberto Ronchey.
    In una comitiva di cialtroni, finiva puntualmente sconfitto dalla banalità di Massimo Catalano, maestro del discorso lapalissiano". Maurizio Ferrini era il romagnolo esperto in pedalò, ma soprattutto filosovietico tutto d'un pezzo, "ma anche leghista ante litteram, che voleva alzare un muro ad Ancona contro i meridionali". E Nino Frassica, alias frate Antonino da Scasazza con i suoi 'nanetti', "il primo a indossare una tonaca in tv, che parlava come certi frati che avevo conosciuto a Foggia ma ricordava anche i preti in bicicletta di Leo Longanesi". Simona Marchini, la segretaria, "la prima a parlare di gossip con le sue digressioni telefoniche sui flirt dei vari personaggi", con tanto di ingombrante 'cugina', Marisa Laurito in cerca di Scrapizza, il suo fidanzato latitante.
    E ancora il critico musicale super verboso Dario Salvatori e Roberto D'Agostino, artista dell'effimero, "con la sua cultura aggiornatissima, le letture di Milan Kundera che fecero volare le vendite dell'Insostenibile leggerezza dell'essere, il lookologo che poi diventò tuttologo, anticipando i tempi di oggi in cui la tuttologia imperversa".
   

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