(di Gioia Giudici).
FABIANA GIACOMOTTI, 'UNA TV ALLA
MODA' (RAI ERI, PP 280, EURO 34).
La Rai? "Una tv alla moda" secondo Fabiana Giacomotti,
autrice del volume dedicato a 'Stile e star nella storia della
Rai', edito da Rai Eri in occasione della mostra '1924-2014. La
Rai racconta l'Italia' che, dopo il Vittoriano, arriverà alla
Triennale di Milano in primavera.
"Per molti anni la Rai è stato l'unico accesso alla moda, con
cui aveva un rapporto strettissimo, basta pensare - ricorda
l'autrice - che il primo programma tv sulla moda era firmato da
Beppe Modenese, che praticamente inventò la moda italiana
insieme al marchese Giorgini, che organizzò anche delle sfilate
in studio". Se la tv era il mezzo per formare il gusto, le sue
icone erano Mina e Raffaella Carrà: "loro hanno fatto la storia
della moda in tv: Mina per l'eleganza, la Carrà per il costume".
Fu creato proprio per la Carrà il primo abito in cristalli
applicati a caldo: "una tecnica che ora non ci impressiona più,
ma che allora fu una rivoluzione copernicana per i costumisti".
Se mitici restano alcuni completi della Carrà, dalle tutine
spaziali firmate Mugler alle piume rosse di 'Pronto Raffaella',
tanto che esistono collezionisti privati dei suoi costumi, non
fu la Raffa nazionale a sdoganare la pancia scoperta in tv. "Il
primo ombelico scoperto - racconta divertita Fabiana - è del
1969, sono le due gemelle Kessler a mostrarlo a 'Canzonissima',
ma nessuno se le fila perché erano identificate con le gambe,
mentre quando Enrico Ruffini ha tirato fuori l'ombelico della
Carrà sapeva cosa andava a disegnare, perché lei aveva uno
stupendo punto vita, sottile sottile". A scavare negli archivi
della Rai, sono cadute molte altre leggende: "non è mica vero
che la Rai era bacchettona: altro che rose finte per coprire le
scollature di Abby Lane nel programma 'Giocondo' con Raimondo
Vianello, quelli erano abiti fascianti". Proprio uno dei modelli
indossati dall'attrice americana è il più antico degli abiti in
mostra, seguito da un modello optical indossato nel 1965 da una
giovanissima Rita Pavone e disegnato da Folco Lazzeroni
Brunelleschi, "uno dei bravissimi costumisti che lavoravano per
la Rai, ma anche per il cinema e anche come stilisti".
Il confronto con l'oggi sembra impietoso: "ma non è così -
interviene l'autrice, - allora c'era un solo canale, ora ce ne
sono quindici, all'epoca facevano 100 nuovi costumi a settimana,
ora i tempi sono più ristretti, ma ci sono costumisti bravi". Se
a 'Nonsolomoda' Benedetta Barzini intervistava Roberto Capucci
che scendeva da una Rolls Royce con un leone al guinzaglio,
"anche allora il programma andava in onda a orari improbabili".
Se c'è una vetrina che negli anni è diventata più splendente
è quella di Sanremo: "é l'unico programma che ha avuto stilisti
fin dall'inizio, perché le sorelle Fontana portavano tutta la
loro collezione con un camion al festival, ma tolti i pochi
ricchi di famiglia gli altri si vestivano come capitava: Iva
Zanicchi aveva la maglietta di lana, Milva era una ragazzotta di
campagna". Altro che la gara a vestire gli artisti che si
scatena oggi, puntualmente vinta da Armani, "il più gettonato al
festival da maschi e femmine", autore anche dell'abito più
prezioso della kermesse, indossato da Andrea Osvart nel 2008. Se
"Sanremo è andato migliorando negli anni", il suo momento
iconico è il pancione sfoggiato da Loredana Bertè: "era
terrorizzata perché aveva una canzone debole, 'Re', allora -
racconta Giacomotti - chiese aiuto a Franco Miseria e Luca
Sabatelli. Lei voleva uscire sul palco incinta e con la scopa in
mano, ma Sabatelli la convinse che così sarebbe stata offensiva
e optò per una gravidanza lunare, quasi aliena". Una
provocazione datata 1986, copiata da Lady Gaga 25 anni
dopo.
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