FULVIO ABBATE, QUANDO C'ERA PASOLINI (Baldini + Castoldi, PP 375, Euro 19,00).
Tutto inizia con Pippo Baudo quando, capace di raggiungere qualunque obiettivo, arriva a casa di Pier Paolo Pasolini ''il maestro'', e strappa l'intervista all'intellettuale più intellettuale che l'Italia abbia mai avuto che si concede al presentatore nazionalpopolare in nome della passione che la mamma nutriva per lui. Gli dice, Pier Paolo, seduto nel salotto della sua ultima casa romana, all'Eur, in Via Eufrate, che se non avesse fatto il poeta sarebbe voluto diventare un calciatore, mezz'ala per la precisione. Era il 1971 e si trattava di un quiz, La freccia d'oro, con sigla affidata a Renato Zero e Loredana Bertè e Fulvio Abbate lo ricorda per averlo visto in tv, ragazzino, sull'allora unico Primo canale.
Uno spaccato che mette insieme, in un episodio, la bellezza assoluta di questo ''Quando c'era Pasolini'', ''ampio e insoluto racconto, volutamente, programmaticamente, perfino poeticamente caotico, nato dalle ceneri di alcune precedenti pubblicazioni'', ovvero volumi già firmati negli anni passati da Abbate come ''C'era una vota Pier Paolo Pasolini'', ''Pier Paolo Pasolini raccontato ai ragazzi'', ''Pasolini raccontato a tutti''.
Ma questo che Abbate definisce a più riprese ''un documentario'', è una straordinaria riscrittura radicale, che mette insieme senza nessuna pretesa conclusiva, testimonianze raccolte negli anni, ricordi, letture, derive per i luoghi in cui Pasolini è vissuto, ipotesi processuali, opinioni personali, chiacchiere da bar. Carne, intelletto e sangue come solo Pasolini sapeva essere e che Abbate restituisce magistralmente.
Una monumentale digressione non solo su PPP, ma sull'Italia che lui amava e combatteva e che amava, odiava e combatteva il suo punto di vista sempre diretto, mai mitigato. Fino alla tragica morte a cui qui non si vuole dare una spiegazione pur mettendo insieme le tante ipotesi che negli anni sono state fatte da tanti e dallo stesso Pino Pelosi. Qui Pasolini è raccontato attraverso le parole di chi lo conosceva bene e che quasi sempre lo ha amato, come Laura Betti, Adele Cambria, Marco Pannella, Furio Colombo, Dario Bellezza, Bernardo Bertolucci, Mario Schifano, solo per citarne alcuni di cui l'autore ha raccolto le voci. Ma ''Quando c'era Pasolini'' non è un libro di testimonianze è prima di tutto una raccolta di emozionanti istantanee, fissate nelle strade dove il poeta ha vissuto e che Fulvio Abbate ha fisicamente attraversato senza risparmiarsi ma trascinando cuore e parole sull'asfalto. Ci sono i luoghi nella loro fisicità, Cinecittà e la Tuscolana, il Mandrione, Rebibbia, Donna Olimpia, il Quarticciolo, Monteverde, l'Eur, l'Idroscalo.
Luoghi raccontati con una evidenza poetica da affascinare anche chi, come me, a Roma è nato è vissuto. Ci sono le emozioni degli affetti, i vestiti della Betti, i foruncoli sul sedere degli interpreti di Salò. C'è la storia del padre Carlo Alberto dell'Onda ufficiale di Fanteria, compare ovviamente la madre, gli amici come Alberto Moravia ed Elsa Morante con cui andava a cena, e Franco Citti e Ninetto Davoli che scrisse una volta facendo un gioco di società con quegli amici che Pier Paolo gli piaceva perchè ''c'ha la Giulietta sprint''. Ci sono i film e il suo sguardo sul set, gli articoli, il libro incompiuto, le verità forse portate nella tomba. E poi ci sono i simboli di un tempo scomparso che attraversano il libro come correndo in una scia di domande più che di nostalgia: dall'eskimo alla Gilera Arcore 125 che sfreccia su strade ancora deserte. Perchè la storia di Pasolini è la nostra storia.
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