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'Dai mega-dazi a de-escalation, è la tattica del tycoon'

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'Dai mega-dazi a de-escalation, è la tattica del tycoon'

Cesarano, ora le partite nel Golfo e con l'Ue.Le Borse ripartono

ROMA, 12 maggio 2025, 19:22

di Domenico Conti

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Prodotti cinesi in una foto di archivio © ANSA/EPA

Prodotti cinesi in una foto di archivio © ANSA/EPA

   Un negoziato "come nel film di Totò, prima la sceneggiata tesa a spaventare i mercati e far temere un tracollo economico sull'ipotesi di dazi al 140% contro la Cina, Poi la 'de-escalation' portando a casa comunque dazi al 30%". Per Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte, è la scenografia messa in piedi da Donald Trump, approdata alla 'tregua' di 90 giorni con Pechino: puntare in alto per strappare un risultato prefissato più basso. Applicazione concreta delle tattiche descritte nel libro 'The Art of the Deal' che il tycoon-immobiliarista scrisse nel 1988. E che fa preludere un percorso simile per i negoziati in arrivo con tre Paesi chiave del Golfo Persico, dove sono in gioco investimenti miliardari, e più in là, con tempi più lunghi, con l'Europa.

    Quella del Liberation Day del 2 aprile, con la successiva escalation con la Cina, era la "sceneggiata". Con la tregua appena raggiunta stiamo vedendo la fase successiva, la "de-escalation scattata quando Trump ha iniziato a intravedere il rischio che si svuotassero gli scaffali nei negozi", dice Cesarano. "Trump punta comunque ai dazi punitivi previsti dal suo consigliere per l'economia Stephen Miran, e del resto il suo segretario al Tesoro Scott Bessent ha ribadito dazi minimi generalizzati al 10%. Ma lo fa usando le tattiche sull'Arte di fare affari" descritte nel celebre libro del tycoon, compreso il millantare una telefonata, smentita da Pechino, con Xi Jinping per indurre il negoziato.

    Restano nodi da sciogliere con la Cina: a partire da auto, acciaio, alluminio esclusi dalla 'tregua' di 90 giorni, fino allo stop di Pechino sull'esportazione delle terre rare più strategiche. Ma intanto la tregua fa ripartire i mercati, con la Borsa di New York in volata a metà seduta - S&P +2,5% a 5.805, Dow Jones +2,17%, Nasdaq +3,3% - dopo i crolli delle scorse settimane per l'escalation con la Cina e l'economia Usa andata in rosso come non accadeva dalla pandemia. Per le Borse potrebbe essere solo l'inizio: se l'abbrivio da 'scampato pericolo' sui dazi fosse sufficiente, con l'indice S&P oltre i 5.800 punti e l'indice Vix di volatilità sceso da 22 a 19, molti asset manager e altri soggetti rimasti alla finestra devono rientrare. Una spinta al rialzo cui si uniscono i buyback annunciati da tante imprese Usa: "c'è la possibilità di nuovi massimi storici", spiega Cesarano.

I toni di Trump ancora belligeranti con l'Europa "più cattiva della Cina" puntano contro le "misure non tariffarie" prese di mira dal tycoon, come obblighi di etichettature, standard elevati sui prodotti alimentari, privacy, regolamentazione dei servizi digitali. Ma intanto bastano a frenare gli indici europei, con il Ftse Mib fermatosi a +1,40% e il Dax a +0,29%. Alla fine non si esclude una proroga della tregua in corso con l'Ue, con esito finale di dazi inferiori ai livelli attuali.

    Ma è chiaro l'effetto rialzista sulla Borsa a cui punta Trump. Tanto più che fra il 13 e il 16 maggio sarà impegnato nella sua prima visita di Stato, in Arabia Saudita, poi in Qatar ed Emirati. Con i dazi del 2 aprile a fare da "sceneggiata" d'inizio negoziato, l'obiettivo vero sono i maxi-investimenti dei rispettivi fondi sovrani: si parlerà di acquisto dei treasury americani, di investimenti negli Usa a suon di decine di miliardi, di vendite di armi statunitensi.

Il Qatar mette nel piatto persino il 'dono' di un jumbo jet di lusso. "Un crescendo", spiega Cesarano, teso a dare la percezione che i risultati arrivano, come Trump scrive sui social riferendosi ai prezzi dei farmaci o della benzina. Manca all'appello il presidente della Fed Jay Powell, che Trump accusa di non voler dare sollievo ai mutui. L'idea è che la tregua sui dazi, se abbasserà l'inflazione, sommata all'economia che rallenta potrebbe dare il via libera anche ai tagli della banca centrale.

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