(aggiorna e sostituisce servizio delle 16.59)
(di Monica Paternesi)
Non si ferma il gelo della produzione
industriale, cristallizzata ad ottobre sugli stessi livelli del
mese precedente ma che mostra un altro brutto segno meno su base
annuale: -3,6% rispetto ad ottobre 2023, il ventunesimo calo
consecutivo. Un vento freddo che spira su fabbriche e aziende di
tutti i settori ma che è spinto soprattutto da auto e tessile,
scesi con numeri a due cifre da capogiro: oltre il 40% per la
produzione dei soli autoveicoli rispetto ad un anno fa, -16,4%
per tutto il settore dei mezzi di trasporto, -7,6% secco per le
industrie tessili con punte da oltre il 20% per alcuni comparti
della moda.
Il calo preoccupa Confindustria, che chiede di attivare il
meccanismo dell'Ires Premiale per favorire le imprese che
reinvestono gli utili. "Ci preoccupa - ha detto il presidente
Emanuele Orsini - vedere 21 mesi di mancata produttività delle
nostre industrie. Ma io, a differenza di quanto affermano alcuni
parlamentari che i giornali dovrebbero leggerli, sono 4 mesi che
lo dico a tutti, e per questo con forza stiamo chiedendo di dare
importanza agli investimenti della nostra industria. Serve che
da subito il governo creda negli investimenti per questo
abbiamo fatto la proposta dell'Ires premiale".
I segnali di rigore soffiano d'altronde anche altrove con la
Germania che a settembre, ultimo dato disponibile, ha registrato
un calo tendenziale del 4,6% della produzione industriale mentre
la Francia registra una lieve discesa dello 0,4%. Non va
meglio a livello comunitario: sempre a settembre la produzione
industriale ha segnato un -2,8% nell'area euro e -2,4% a
livello Ue. Ma se la locomotiva tedesca si è fermata e il treno
europeo è rallentato, anche l'Italia - pur ai massimi storici
per livello d'occupazione - ha ridotto le sue prospettive di
crescita e segna il passo in alcuni dei settori industriali più
tradizionali.
Ad ottobre rispetto a settembre sono andati bene i comparti
dell'energia (+1,7%) e dei beni di consumo (+1,5%); maluccio i
beni strumentali (-0,2%) male i beni intermedi (-1,0%). Spinta
positiva in particolare dagli alimentari e dai farmaceutici e
dalla fornitura di servizi energetici, mentre scendono attività
estrattiva e mezzi di trasporto, settori che mostrano anche un
calo trimestrale. La situazione è la stessa proiettata anche a
livello annuale dove però il calo è più generalizzato ed
interessa anche i beni di consumo e l'energia (-0,8% per
entrambi i settori),pure se la riduzione risulta più rilevante
per i beni intermedi (-5,2%) e per i beni strumentali (-4,4%).
Cartina di tornasole dei dati dell'Istat sono i diversi tavoli
di crisi dei quali si sta occupando il ministero dell'Industria.
Una delle chiavi di volta, si sa, è la complicata situazione
dell'automotive non solo per il nodo Stellantis. Una situazione
che sta travolgendo tutta la filiera europea e alla quale tutta
l'Europa tenta di mettere riparo. Ma oltre alla produzione di
autoveicoli, quasi dimezzata rispetto ad ottobre di un anno fa e
ridotta quasi del 30% (27,9%) nei 10 mesi 2024, preoccupa anche
la moda, con interi sotto comparti ormai in ginocchio. Le
industrie del settore tessile, abbigliamento, pelli e accessori
che da settembre a ottobre hanno segnato un rialzo dello 0,9%,
hanno visto un calo del 7,6% rispetto ad ottobre 2023 e del 10,5
dall'inizio dell'anno con profondi rossi per alcune
specializzazioni, come quelle della valigerie e articoli da
viaggio (-32,8) o il settore della concia e preparazione del
cuoio(-20,8%).
Di 'uno tsunami' parlano i consumatori. Preoccupati gli
artigiani che evidenziano come sia pericolosa la riduzione del
peso dell'industria sul prodotto interno lordo, per un Paese
manifatturiero come l'Italia, la seconda manifattura d'Europa
dopo la Germania, dove l'industria fa da traino anche ai servizi
e che chiedono un intervento congiunto al governo. "Dati attesi"
dice la Cgil: "La crisi dell'industria la misuriamo
quotidianamente ai tanti tavoli istituzionali di crisi al Mimit
e a quelli che quotidianamente affrontiamo sui territori. Tavoli
che ormai hanno un tratto comune fatto di chiusure e
delocalizzazioni di fabbriche e imprese, di riconversioni
industriali che impoveriscono qualità di produzione e
occupazione, di licenziamenti e cassa integrazione,
ammortizzatore che a settembre (ultimo dato disponibile)
registra poco meno di 45 milioni di ore, con un incremento del
18,87% sullo stesso mese del 2023".
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