Gli europarlamentari socialisti sono stati lasciati fuori dal carcere dove volevano incontrare Ekrem Imamoglu per portargli la loro solidarietà. Il ministero della Giustizia di Ankara ha respinto la richiesta formale per incontrare il sindaco di Istanbul, sospeso dall'incarico dopo l'arresto per corruzione, presentata dalla delegazione del Partito socialista europeo (Pse) arrivata in Turchia. "Questa cosa ci ha piuttosto sorpreso", ha detto all'ANSA Dario Nardella, l'eurodeputato del Pd, parte della delegazione socialista in visita nella città del Bosforo, di cui fanno parte anche il presidente del Pse, Stefan Lofven, e Katarina Barley, vicepresidente del Pse e vicepresidente del Parlamento europeo.
"Il sindaco Imamoglu è stato debitamente eletto dal popolo di Istanbul. Queste accuse politicamente motivate sono una minaccia per la democrazia in Turchia", ha detto Stefan Lofven, il presidente del Pse in una conferenza stampa organizzata a pochi metri dalle mura del carcere alla periferia ovest di Istanbul, mentre per Nardella l'arresto di Imamoglu si inserisce in una trama "che ha preso forma dopo l'elezione di Trump" ed "è motivo di grandissima preoccupazione". Per l'ex sindaco di Firenze, "con questa situazione di vera e propria svolta autoritaria in Turchia diventa impossibile procedere nel negoziato con l'Unione europea che era stato ripreso un anno e mezzo fa, sull'avvicinamento della Turchia e anche sull'ingresso nell'Ue".
Nardella ha definito "drammatico" il quadro emerso dopo l'arresto di Imamoglu, citando i fermi dei giornalisti, mentre proprio uno dei legali di Imamoglu è stato messo in custodia, con l'accusa di riciclaggio, per poi essere rilasciato ma sottoposto a un controllo giudiziario che non gli permette di viaggiare all'estero. Dopo il carcere, gli europarlamentari hanno visitato anche la sede del maggior partito di opposizione Chp, di cui Imamoglu fa parte. "È stata un'operazione politica, non legale", ha dichiarato l'ex sindaco rispetto all'arresto e all'inchiesta per corruzione che lo coinvolge mentre in un editoriale per il New York Times ha affermato di avere "fiducia nel popolo turco".
Le manifestazioni di massa per chiedere il suo rilascio e contestare il governo di Recep Tayyip Erdogan sono andate avanti per una settimana ed è stato convocato un altro grande raduno sulla sponda anatolica della città sul Bosforo. Oltre all'arresto durante le manifestazioni di più di 1.800 persone in una settimana, molti giornalisti che hanno coperto le proteste sono stati messi in custodia, tra cui il fotografo di Afp Yasin Akgun, mentre l'inviato della Bbc ha dichiarato di essere stato espulso dal Paese perché ritenuto "una minaccia per l'ordine pubblico" ma per Ankara l'espulsione è stata dovuta al fatto che il giornalista britannico non aveva ottenuto l'accredito necessario per lavorare nel Paese.
È in questo contesto che è stato prima fermato all'aeroporto di Istanbul e successivamente portato in custodia nella prigione del quartiere di Maltepe, Joakim Medin, reporter svedese del quotidiano Dagens Etc. "È stato arrestato subito dopo il suo arrivo, con la giustificazione che è ricercato", ha dichiarato il caporedattore di Etc, Andreas Gustavsson, definendo "scioccante" e "un attacco alla libertà di stampa" la vicenda del giornalista, che è seguita dal Consolato svedese di Istanbul e dal Ministero degli Esteri di Stoccolma, mentre il reporter attende di scoprire in cella di cosa è formalmente sospettato.
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