Il presidente americano Donald Trump non esclude che la sua amministrazione possa volere che alcuni paesi scelgano tra gli Stati Uniti e la Cina. Lo ha detto lo stesso presidente americano in un'intervista a Fox Noticias, riportata dai media Usa, rispondendo a chi gli chiedeva della Belt and Road Initiative e se desiderava che alcuni paesi latinoamericani scegliessero fra i due paesi.
Trump ha lanciato un'indagine per accertare se siano necessari o meno dazi sui minerali essenziali. L'inchiesta è stata avviata in base alla 'Sezione 232' del Trade Act del 1962, che consente di limitare le importazioni ritenute una minaccia per la sicurezza nazionale, e potrebbe tradursi in nuovi dazi.
La giornata di ieri:
Non è stato un "dialogo tra sordi", ma nemmeno tra alleati che parlano la stessa lingua. Il messaggio che arriva da Bruxelles, nel giorno del rientro del commissario Ue Maros Sefcovic, non cambia: l'offerta a Donald Trump - dazi zero su auto e industria, più gnl e armi americani, oltre a un fronte comune per tenere a bada la sovraccapacità spinta da Pechino - è sul tavolo. Ma la risposta dall'altra sponda dell'Atlantico gela l'Europa: la proposta di azzerare le sovrattasse è irricevibile, meglio parlare di investimenti reciproci ed export. Un rifiuto netto che rafforza la sensazione, diffusa nelle istituzioni comunitarie, che i tavoli tecnici - pur destinati a proseguire - non basteranno a colmare distanze ancora ampie. E, nell'attesa dell'incontro tra la premier Giorgia Meloni e l'inquilino della Casa Bianca, resta aperta l'ipotesi di un vertice straordinario dei leader Ue a maggio per dare slancio politico alle trattative.
Il negoziato tra la Commissione di Ursula von der Leyen e l'amministrazione Trump è appena al secondo giorno: novanta quelli a disposizione per trovare l'intesa. Il confronto di un'ora e mezza tra Sefcovic, il segretario al Commercio americano Howard Lutnick e il rappresentante commerciale Jamieson Greer, nel bilancio tracciato da Bruxelles, è stato "costruttivo, sfaccettato e approfondito". Ma dietro alle formule di rito s'intravede più una fumata nera, tanto che l'avvertimento Ue è tutt'altro che morbido: nessuna concessione unilaterale, né revisioni degli "standard europei sacrosanti" relativi a tech, agroalimentare e farmaceutica. Adesso, ha ammonito il portavoce Olof Gill, "tocca a Washington" cambiare passo, mostrare collaborazione e "chiarire cosa vuole". Altrimenti, la rappresaglia è pronta: i controdazi su oltre 400 prodotti americani - dalle Harley Davidson ai sigari - sono congelati soltanto fino al 14 luglio. E, ormai concluse le istruttorie su Apple e Meta, le multe alle Big Tech sembrano imminenti: la decisione è attesa "a breve" e si accompagna all'ipotesi di una web tax paventata da von der Leyen stessa.
Una strategia che va in direzione opposta rispetto alle pressioni Usa, che puntano invece a ottenere concessioni sull'intero fronte del digitale: l'Europa deve scegliere tra la tecnologia americana o quella cinese, è stato l'affondo del presidente della Federal communications commission, Brendan Carr, voce influente dell'ala trumpiana, esortando gli "alleati occidentali" a schierarsi apertamente con Elon Musk e la sua rete satellitare Starlink.
Sul tavolo dell'Ue resta poi la pistola carica dello strumento anti-coercizione: il bazooka che Bruxelles ha a disposizione per rispondere ai ricatti economici facendo scattare misure di extrema ratio, fino allo stop all'accesso al mercato continentale.
All'invito di Trump a "sedersi al tavolo delle trattative", la risposta europea è arrivata secca: "Signor presidente, siamo già seduti a quel tavolo", ha ribattuto l'esecutivo Ue per bocca di Gill, tornando a respingere anche le accuse secondo cui l'Europa "si starebbe tremendamente approfittando degli Stati Uniti". A conti fatti, è il refrain di Bruxelles, quella transatlantica resta la relazione economica più solida e imponente al mondo. E non è solo il Vecchio Continente a trarne vantaggio: l'Ue fornisce agli Usa materie essenziali e, al contempo, è la prima cliente in fatto di gas naturale e petrolio statunitensi. Proprio sul fronte energetico i negoziatori di von der Leyen fanno leva per convincere la Casa Bianca: l'apertura ad aumentare gli acquisti di gnl americano - in linea con le sollecitazioni di Trump - è concreta e lo sarà ancora di più il 6 maggio, quando verrà presentata la nuova roadmap Ue per liberarsi dai combustibili fossili russi.
Un piano che impone diversificazione. Ma quella stessa strategia di cercare nuove rotte commerciali, se il negoziato con Washington dovesse naufragare, potrebbe diventare per Bruxelles lo strumento per prendere ancora di più le distanze dagli Stati Uniti. Lo sguardo resta rivolto a Oriente: oltre ai canali già aperti con Pechino - dove si avanza anche per eliminare i dazi Ue sulle auto elettriche - il prossimo mese una missione a Singapore rafforzerà l'asse con l'Asia, puntando su settori chiave come microchip e tecnologia avanzata.
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