"Se una nave deve salpare e lasciare il porto per navigare in mare aperto, può anche essere una nave meravigliosa, con un equipaggio d'eccezione, ma se non tira su le zavorre e le ancore che la tengono ferma, non riuscirà mai a partire". Lo afferma papa Francesco nel testo preparato per l'udienza generale che avrebbe dovuto tenersi oggi, proseguendo il ciclo di catechesi sugli incontri di Gesù.
Parlando dell'incontro con l'uomo ricco, dice il Papa che "quello che colpisce è che quest'uomo non conosce il vocabolario della gratuità! Tutto sembra dovuto. Tutto è un dovere. La vita eterna è per lui un'eredità, qualcosa che si ottiene per diritto, attraverso una meticolosa osservanza degli impegni. Ma in una vita vissuta così, anche certamente a fin di bene, quale spazio può avere l'amore? Come sempre, Gesù va al di là dell'apparenza. Se da un lato quest'uomo mette davanti a Gesù il suo bel curriculum, Gesù va oltre e guarda dentro".
"Cosa vede Gesù quando guarda dentro di noi e ci ama, nonostante le nostre distrazioni e i nostri peccati? Vede la nostra fragilità, ma anche il nostro desiderio di essere amati così come siamo", sottolinea Francesco. "L'amore di Gesù è gratuito - osserva il Pontefice -: esattamente il contrario della logica del merito che assillava questa persona. Siamo veramente felici quando ci rendiamo conto di essere amati così, gratuitamente, per grazia. E questo vale anche nelle relazioni tra noi: fin quando cerchiamo di comprare l'amore o di elemosinare l'affetto, quelle relazioni non ci faranno mai sentire felici".
"Per colmare questa mancanza non bisogna 'comprare' riconoscimenti, affetto, considerazione; occorre invece 'vendere' tutto quello che ci appesantisce, per rendere più libero il nostro cuore. Non serve continuare a prendere per noi stessi, ma piuttosto dare ai poveri, mettere a disposizione, condividere. Infine Gesù invita quest'uomo a non rimanere da solo. Lo invita a seguirlo, a stare dentro un legame, a vivere una relazione. Solo così, infatti, sarà possibile uscire dall'anonimato. Possiamo ascoltare il nostro nome solo all'interno di una relazione, nella quale qualcuno ci chiama. Se restiamo da soli, non sentiremo mai pronunciare il nostro nome e continueremo a restare dei 'tali', anonimi", aggiunge Francesco.
"Forse oggi, proprio perché viviamo in una cultura dell'autosufficienza e dell'individualismo - conclude -, ci scopriamo più infelici, perché non sentiamo più pronunciare il nostro nome da qualcuno che ci vuole bene gratuitamente".
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