Siti Internazionali
Se hai scelto di non accettare i cookie di profilazione e tracciamento, puoi aderire all’abbonamento "Consentless" a un costo molto accessibile, oppure scegliere un altro abbonamento per accedere ad ANSA.it.
Ti invitiamo a leggere le Condizioni Generali di Servizio, la Cookie Policy e l'Informativa Privacy.
In evidenza
In evidenza
Temi caldi
Condividi
- RIPRODUZIONE RISERVATA
(di Angela Majoli) Una surreale
compagnia di personaggi-archetipo, riuniti in un salotto
arabeggiante e kitsch, tra digressioni improbabili, tormentoni
lapalissiani, gossip da pianerottolo e edonismo reaganiano:
quarant'anni fa, il 29 aprile 1985, in seconda serata su Rai2,
debuttava Quelli della notte, il primo late show made in Italy,
jam session tra varietà, talk e musica, che cambiò per sempre il
linguaggio televisivo. "L'idea mi venne pensando alle riunioni
di condominio, ma anche alle conversazioni scombiccherate di noi
nottambuli a Foggia, fra pettegolezzi locali e massimi sistemi,
tirate via, senza alcuna competenza", ridacchia Renzo Arbore.
"Venivo dal successo di Cari amici vicini e lontani, dedicato ai
sessant'anni della radio, che l'anno prima aveva fatto anche 18
milioni di spettatori, ma non volevo rimanere ancorato alla
nostalgia: proposi così a Giovanni Minoli il primo programma
notturno della tv italiana, che andasse al posto del monoscopio
che appariva puntualmente alle 23. E lui, da sempre grande
creatore di televisione, accettò la sfida". Ma Quelli della
notte non è stato soltanto "la prima seconda serata nella storia
della tv. È stato un fenomeno, il manifesto degli anni '80:
ufficializzava la fine degli Anni di Piombo e sdoganava il
sorriso, la Milano da bere, la fertilità del cinema e del
teatro. E rispetto alle riviste di Antonello Falqui, di Pippo
Baudo, di Corrado, scritte e recitate meravigliosamente,
inaugurava l'improvvisazione e metteva in scena quaranta facce
nuove. Di fatto era una situation comedy". "Con Ugo Porcelli,
coautore della trasmissione - ricorda divertito Arbore - in una
settimana a casa mia immaginammo i quaranta personaggi". C'era
Riccardo Pazzaglia, filosofo partenopeo e teorico del 'brodo
primordiale', che aveva sposato come fede quella di "alzare il
livello" della trasmissione: "Gli suggerii di ispirarsi a un
vero intellettuale, Alberto Ronchey. In una comitiva di
cialtroni, finiva puntualmente sconfitto dalla banalità di
Massimo Catalano, maestro del discorso lapalissiano". Maurizio
Ferrini era il romagnolo esperto in pedalò, ma soprattutto
filosovietico tutto d'un pezzo, "ma anche leghista ante
litteram, che voleva alzare un muro ad Ancona contro i
meridionali". E Nino Frassica, alias frate Antonino da Scasazza
con i suoi 'nanetti', "il primo a indossare una tonaca in tv,
che parlava come certi frati che avevo conosciuto a Foggia ma
ricordava anche i preti in bicicletta di Leo Longanesi". Simona
Marchini, la segretaria, "la prima a parlare di gossip con le
sue digressioni telefoniche sui flirt dei vari personaggi", con
tanto di ingombrante 'cugina', Marisa Laurito in cerca di
Scrapizza, il suo fidanzato latitante, "modello comari
parlerecce che animano certi pianerottoli raccontando tutti i
fatti di famiglia". E ancora la New Pathetic Elastic Orchestra
con il maestro Gianni Mazza, Silvia Annichiarico, Gegè
Telesforo, Sal Genovese, Stefano Palatresi, Mauro Chiari, il duo
Antonio (Maiello) e Marcello (Cirillo). Il critico musicale
super verboso Dario Salvatori e Roberto D'Agostino, artista
dell'effimero, "con la sua cultura aggiornatissima, le letture
di Milan Kundera che fecero volare le vendite dell'Insostenibile
leggerezza dell'essere, il lookologo che poi diventò tuttologo,
anticipando i tempi di oggi in cui la tuttologia imperversa". E
Harmand, Andy Luotto, che, per il suo travestimento da arabo, a
seguito di una protesta da parte dell'Associazione musulmani
italiani e di serie minacce, fu costretto ad abbandonare la
trasmissione. Tutti in scena insieme in un "programma
orizzontale", secondo la definizione di D'Agostino: "Le uniche
regole erano improvvisare e divertirci, io per primo a fare il
regista, anche se la vera regia era di Rita Vicario, tra
formidabili comprimari. Una jam session vocale che non
dimenticava la musica, le canzonette a richiesta e le sigle di
apertura e chiusura, Ma la notte no e Il Materasso. Facemmo 33
puntate e sentimmo che il pubblico era nostro complice".
Ottocentomila spettatori di media la prima settimana, un milione
e 700mila la seconda, fino ad arrivare a 2 milioni e, nelle
ultime due settimane, 3 milioni a puntata, con uno share fino al
51%. "Un successo epidemico - lo definisce Arbore - che in
qualche modo può spaventare. Ecco perché, quando sentimmo che
avevamo finito di far ridere in quel modo demenziale, decidemmo
di chiudere". Qualche spezzone è andato in onda a Come ridevamo,
enciclopedia della comicità tv che conduce con Telesforo in
seconda serata su Rai2, "purtroppo confinata in orari
impossibili", sospira Arbore, convinto che "la risata di pancia
oggi sia merce rara". E anticipa che "il nuovo direttore di Rai
Cultura, Fabrizio Zappi, ha trovato una collocazione estiva su
Rai3 per Cari amici vicini e lontani, che tornerà a luglio in
edizione aggiornata". Due anni dopo, nel 1987, nacque Indietro
Tutta, "uno show completamente diverso. Del resto, sono 21 i
format che ho inventato", ricorda Arbore. "Poi mi venne voglia
di fare il musicista: mi sono inventato l'Orchestra Italiana e
siamo andati avanti per trent'anni: è stata la più longeva
orchestra stabile nella storia della musica mondiale, neanche
Duke Ellington", sorride. Il futuro? "Completare l'allestimento
di Casa Arbore a Foggia, con Cappellini e Licheri: ci sarà tutto
l'arredamento della mia vita".
Condividi
Notizie ANSA Scegli l’informazione di ANSA.it
Abbonati per leggere senza limiti tutte le notizie di ANSA.it
Abbonati oraANSA Corporate
Se è una notizia,
è un’ANSA.
Raccogliamo, pubblichiamo e distribuiamo informazione giornalistica dal 1945 con sedi in Italia e nel mondo. Approfondisci i nostri servizi.
Resta connesso
Ultima ora