Freni, manutenzione e vento: sono i primi elementi che la Procura di Torre Annunziata è chiamata ad analizzare nell'inchiesta sulle cause del disastro avvenuto giovedì pomeriggio nel Napoletano, dove una cabina della funivia che collega il mare di Castellammare di Stabia alla cima del Monte Faito è precipitata provocando quattro morti e un ferito grave.
Già giovedì sera il procuratore Nunzio Fragliasso, accompagnato dall'aggiunto Giovanni Cilenti e dal sostituto Giuliano Schioppi, si è recato sul luogo della tragedia per una prima ispezione, proseguita venerdì. Gli inquirenti hanno sottoposto a sequestro le due stazioni: quella a monte alla quale la cabina precipitata era quasi arrivata e quella a valle. Sequestrati anche i piloni, le due cabine e il cavo.
Il veicolo caduto è stato ritrovato quasi a metà percorso, tra il secondo e il terzo pilone: non è chiaro se sia subito piombato giù per poi rotolare a valle, oppure se sia scivolato all'indietro, ancora agganciato al cavo, quando mancavano una ventina di secondi all'arrivo in stazione. Secondo questa ipotesi, che pare quella più accreditata, si sarebbe quindi schiantato a tutta velocità contro un pilone per poi rovinare al suolo. In alcune immagini riprese da una telecamera dell'impianto si vede la cabina che torna indietro, mentre ondeggia vorticosamente prima di sparire nella nebbia. Comunque solo le perizie potranno, dai punti di impatto della cabina, accertare le modalità della caduta. A breve dovrebbero essere disposti gli esami autoptici nell'ambito del fascicolo, al momento contro ignoti, in cui si ipotizzano il disastro colposo e l'omicidio plurimo colposo.
Di "tragedia inspiegabile" parla il presidente dell'Eav, l'azienda della Regione che gestisce l'impianto, Umberto De Gregorio. La riapertura della funivia dopo la pausa invernale risale ad appena una settimana fa "dopo tre mesi di prove - ricorda De Gregorio - tutti i giorni, giorno e notte, con tutte le condizioni, con tutte le radiografie che si fanno alle funi".
Secondo quanto reso noto dal sottosegretario al Mit Tullio Ferrante, lo scorso marzo l'impianto è stato oggetto di una verifica da parte degli ispettori di Ansfisa, l'agenzia per la sicurezza dei trasporti, "come previsto dalla normativa - ha detto - sulle ispezioni periodiche. E l'8 aprile l'Eav (che gestisce l'impianto) aveva inviato alla stessa agenzia la documentazione tecnica comprensiva dell'esito delle manutenzioni ordinarie e straordinarie, nonché delle prove eseguite sui cavi, accompagnata da una relazione di idoneità dell'impianto".
I periti della procura dovranno appurare perché si sia rotto il cavo di trazione, e soprattutto perché non abbia funzionato il freno di emergenza che, proprio in casi del genere, dovrebbe mantenere in sicurezza l'impianto: lo stesso freno che invece ha funzionato a valle, permettendo di evacuare i passeggeri dalla cabina rimasta sospesa a pochi metri dalla stazione di partenza.
Per De Gregorio non ci sarebbe alcuna relazione tra il maltempo, in particolare tra il forte vento di ieri e la tragedia: "Non lo dico io, lo dicono i tecnici. C'è un sistema automatico: quando il vento supera un certo livello, la funivia si blocca automaticamente".
Completata intanto l'identificazione delle vittime della tragedia. Al 59enne italiano Carmine Parlato, operatore dell'Eav presente nella cabina, si aggiungono tre turisti stranieri: i fratelli inglesi Graeme Derek e Elaine Margaret Winn, di 64 e 57 anni, e la 24enne araba israeliana Janan Suliman. Il fratello di Janan, Thaeb, 23 anni, è l'unico sopravvissuto, ricoverato in condizioni critiche nell'ospedale del Mare di Napoli.
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