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Corte d'assise: "Condotte non riconducibili alla definizione di femminicidio"

Corte d'assise: "Condotte non riconducibili alla definizione di femminicidio"

Escluse dal processo le associazioni in difesa delle donne come parte civile

BOLOGNA, 17 febbraio 2025, 15:02

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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BOLOGNA, 17 FEB - La Corte d'assise di Bologna ha respinto la richiesta di costituzione di parte civile di cinque associazioni in difesa delle donne - Udi, Casa delle donne, Sos Donna, Mondo Donna e associazione Malala - nell'ambito del processo nei confronti di Giampiero Gualandi, 63enne ex comandante della polizia locale di Anzola Emilia (Bologna) accusato dell'omicidio volontario aggravato (futili motivi e legame affettivo) della collega Sofia Stefani, 33 anni, con cui aveva una relazione extraconiugale. Stefani è stata uccisa il 16 maggio 2024 da un colpo partito dalla pistola di ordinanza di Gualandi nell'ufficio dell'uomo, al comando di Anzola. L'imputato ha sempre sostenuto che sia stato un incidente, un colpo partito durante una colluttazione.

Per la Corte d'Assise, presieduta da Pasquale Liccardo, "le condotte non permettono allo stato degli atti di ricondurre il fatto alla definizione di femminicidio, mancando qualsiasi riferimento alla lesione della sfera di autodeterminazione della donna, ad atti di maltrattamento, discriminazione e prevaricazione o ad atti tipici della violenza di genere". Ammessi invece come parti civili i genitori di Sofia Stefani, il fidanzato e il Comune di Anzola.

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