(di Mauretta Capuano)
Torna al luogo della sua giovinezza,
Le Havre, la città francese dove ha vissuto fino a 18 anni,
Maylis de Kerangal, nel suo nuovo romanzo 'Giorno di risacca'
(Feltrinelli) con cui è stata ospite di Libri Come, la festa del
Libro e della Lettura a Roma. Un libro, in cui per la prima
volta usa la prima persona, che si apre come un noir. Con un
cadavere trovato in spiaggia, ai piedi di una diga e in tasca un
biglietto con il numero di una donna parigina che per tutta la
storia resterà senza nome.
"Utilizzo all'inizio i codici narrativi della letteratura
noir perché Le Havre come spazio si sposa bene con questo
genere: è una città particolare, operaia, con un clima strano,
tra l'ombra e la luce. Il noir, poi, permette di dare una
visione più generale, meno legata alla trama" dice all'ANSA De
Kerangal, considerata una delle più importanti scrittrici
francesi contemporanee.
"Volevo scrivere un romanzo, non un libro di ricordi e la
letteratura noir si adatta bene a questo mio desiderio"
aggiunge. La risacca del titolo è quella della protagonista ma
anche delle guerre. "Le Havre è stata la città maggiormente
distrutta della Francia in due giorni, tra il 5-6 settembre del
1944. Mentre scrivevo questo romanzo nelle mie orecchie
riecheggiava quello che stava accadendo in Ucraina e a Gaza. Mi
sono trovata a scrivere della contemporaneità partendo dal
ricordo, dal passato. Pensavo di scrivere della mia infanzia, di
un'inchiesta, di un cadavere trovato su una spiaggia, che era al
contempo la metafora di una città distrutta dalla guerra,
impossibile da riconoscere come quel corpo senza vita e
improvvisamente mi sono trovata nel presente. Viviamo nella
risacca infinita e permanente di queste guerre" sottolinea
l'autrice di 'Riparare i viventi'. "Viviamo un periodo
inquietante perché nuovamente c'è la pressione della guerra in
Europa. La guerra è nuovamente in questione. Si parla degli
armamenti, dei problemi finanziari per supportarli. Quello che è
cambiato ultimamente sono le alleanze e l'Europa deve cominciare
a svegliarsi, a interrogarsi un po' su quello che sta accadendo.
Ho l'impressione che ci sia una deriva generalizzata. C'è come
un precipitarsi delle cose che interrompe il tempo della memoria
che dovrebbe essere lungo. La legge del più forte viene
preferita allo stato di diritto e questo porta attacchi continui
alla democrazia" sostiene.
Anche i ricordi della protagonista del libro, che fa la
doppiatrice per il cinema, sono come la risacca. "Volevo che i
ricordi riemergessero con una certa violenza, come il movimento
del mare che si infrange sulle rocce e che anche la città
diventasse un luogo della memoria con anche il ricordo del primo
amore che torna in modo piuttosto violento" racconta la
scrittrice. La doppiatrice sarebbe potuta tornare a Parigi, ma
si trattiene a Le Havre, va in spiaggia, al cinema, si imbatte
in fantasmi come Virginia Woolf o Modiano, ricorda quello che è
stato il suo trauma personale. "È un romanzo in cui il doppio è
importante. La doppiatrice mi ha permesso di inserire in un
libro scritto in prima persona la voce di qualcun altro. Questo
è un romanzo che usa molti altri racconti, quello di chi ha
vissuto il bombardamento di Le Havre, quello delle ragazze
ucraine, del lavoratore che la protagonista incontra sulla
spiaggia, del medico legale. Volevo evitare che fosse troppo
basato sull'introspezione, che ci fosse alterità. Come una
doppiatrice al cinema mette la sua voce sull'immagine io cercavo
la mia voce in figure e personaggi di fiction. È quasi lo stesso
mestiere: la protagonista mette la voce nel corpo degli attori e
l'autrice del libro mette la sua voce nel corpo dei personaggi"
spiega la scrittrice.
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