"Avevamo fatto presente ad Autostrade che sarebbe stato opportuno fare prove endoscopiche e verifiche di sicurezza sul Morandi, prima e in vista della redazione del progetto esecutivo di retrofitting, ma Di Taddeo e De Angelis mi dissero che da Genova non avrebbero mai avuto il permesso di una limitazione al traffico". Lo ha detto in aula al processo per il crollo del Ponte Morandi Fabio Brancaleoni, docente universitario alla Sapienza e ingegnere della Edingegneria di Roma, che nel 2017 realizzò uno studio sul progetto di rinforzo degli stralli delle pile 9 (quella crollata) e 10. Il ponte crollò il 14 agosto 2018.
"Venni contattato da Di Taddeo (all'epoca responsabile dell'ufficio manutenzione opere) mi disse se quelle verifiche potevano essere fatte in sede di lavori e gli dissi di no, che andavano fatte prima". Questa risposta, per la procura, causò il "congelamento dei rapporti tra Aspi e Edin. Perché Aspi non voleva seguire le indicazioni di Edin". Per Brancaleoni "dopo le prove riflettometriche consigliai di fare analisi ulteriori sulla sommità perché era una zona più soggetta a degrado e a sollecitazioni". Il docente ha ricordato di avere suggerito alla committente di verificare comunque tutte le parti del Morandi ma da Aspi "mi dissero che l'oggetto del contratto riguardava solo il rafforzo degli stralli nel quadro della normativa che lo faceva rientrare come intervento locale. Non c'era nessun obbligo di legge a verificare l'intera struttura".
Poi il rapporto si interruppe senza alcuna motivazione da parte di Aspi. "Mandai diversi messaggi per riprendere i rapporti ma Aspi non rispose. Per noi non era normale che non rispondesse più".
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