A settembre la caffetteria del
Tribunale di Torino riaprirà. Balzata all'attenzione della
cronaca giudiziaria per sospetta infiltrazione 'ndranghetista
della cooperativa sociale Liberamensa, che aveva in carico la
struttura, sarà gestita ora da un'altra cooperativa, Pausa
Caffè. Il primo passo è stato l'avvio quest'inverno, grazie a un
progetto finanziato dalla Comunità europea, di una caffetteria
mobile, un piccolo chiosco che serve in media 300 caffè al
giorno.
"Questo luogo ha una storia travagliata, ma meglio di nessun
altro è in grado di esprimere il valore costituzionale della
pena come strumento di inclusione per un ex detenuto. Se
l'attenzione della malavita è costante è proprio per il suo
valore simbolico. Una ragione in più per tutelarlo come presidio
di legalità", spiega Marco Ferrero, presidente di Pausa Caffè
che opera nel campo dell'inclusione sociale dal 2004 e, dopo
avere vinto il bando, ha firmato a maggio il contratto per la
gestione del bar di Palazzo di Giustizia.
"Vogliamo farlo diventare un luogo aperto alla città, con un
piccolo dehors accessibile anche senza passare dall'interno.
Avrà una pasticceria e un pastificio, che utilizzeranno materie
prime di qualità. I posti di lavoro saranno dodici tra ex
detenuti, detenuti con permesso di lavoro esterno, richiedenti
asilo e migranti. L'altro grande obiettivo è farne un luogo di
sperimentazione per l'economia circolare e la cucina circolare,
con filiere corte, riduzione degli sprechi e uso di materiali
compostabili per l'asporto. Sarà un luogo di inclusione sociale,
ma anche di sperimentazione".
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