Mentre la Procura di Torino indagava su di lui, avrebbe inviato "quattro e-mail" ad "autorità giudiziarie" e a forze dell'ordine di altre città con una serie di falsi dossier, confezionati pure con "informative" e "verbali" coperti da segreto investigativo, per tentare di screditare il pm e la polizia giudiziaria che portavano avanti gli accertamenti che lo riguardavano.
Per questo la Procura di Milano, competente sui reati che vedono le toghe torinesi persone offese, ha chiuso le indagini nei confronti di un investigatore privato di 35 anni, Giovanni Carella, residente nell'hinterland torinese che era rimasto già coinvolto nel procedimento aperto nel capoluogo piemontese su presunti casi di dossieraggio illegale in cui compariva anche la Kerakoll, azienda di Sassuolo (Modena). Stando alle imputazioni, il 35enne, difeso dagli avvocati Mauro Anetrini e Mariangela Melliti, è accusato di rivelazione e utilizzazione di segreto d'ufficio e calunnia.
Tra novembre 2022 e ottobre 2023, avrebbe usato quattro account, tra cui ad esempio due indirizzi che richiamavano il nome dell'ex procuratore aggiunto di Torino Raffaele Guariniello (del tutto estraneo all'inchiesta), per "incolpare" il pm torinese Gianfranco Colace, titolare proprio del caso Kerakoll, l'ex procuratore generale Francesco Saluzzo, il colonnello dei carabinieri Luigi Isacchini, a capo dell'aliquota carabinieri della Procura, e un altro militare in servizio presso lo stesso ufficio di aver "compiuto numerosi reati", inesistenti, "nella direzione e nella esecuzione delle indagini".
A questi falsi report, con fantomatiche accuse di complotti e favoritismi, l'investigatore avrebbe anche allegato "stralci" di atti di indagine "coperti da segreto", come scrivono i pm Giovanni Polizzi e Cristian Barilli del pool guidato dall'aggiunta Tiziana Siciliano nell'avviso di conclusione delle indagini che prelude alla richiesta di processo. E avrebbe agito assieme ad altre persone.
In "concorso con ignoti", infatti, scrive la Procura, verosimilmente "pubblici ufficiali" con accesso a quegli atti ma mai identificati nell'inchiesta appena chiusa, sarebbe riuscito ad ottenere quelle carte riservate. Infine, il 35enne deve rispondere pure di un'ulteriore imputazione di rivelazione di segreto d'ufficio, perché avrebbe trasmesso un'annotazione di polizia giudiziaria di un procedimento del 2017, sempre coordinato dal pm Colace, al "gruppo dirigente" di una cooperativa con sede a Torino.
Si trattava di uno dei diversi filoni marginali dell'indagine chiamata "Bigliettopoli" che per altro non investiva la cooperativa. Non è dunque chiaro il motivo che ha spinto il 'corvo' a inviare il messaggio. I pm milanesi ritengono comunque che Carella abbia agito in concorso con "un pubblico ufficiale" al momento sconosciuto.
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