A cento anni dalla morte si
ricorda il medico e intellettuale Nicola Barbato, uno dei capi
dei Fasci siciliani, un movimento di ispirazione socialista
protagonista di grandi lotte contadine alla fine dell'Ottocento.
La figura e il pensiero di Barbato saranno al centro di una
manifestazione promossa dalle associazioni "Portella della
Ginestra" e "Gzjimi" che si terrà il 7 ottobre nella Casa del
popolo di Piana degli Albanesi (Pa).
Durante l'incontro, che sarà concluso da Giuseppe Provenzano
responsabile nazionale del Dipartimento Esteri del Pd, saranno
letti testi di Barbato sul socialismo, la mafia, la corruzione,
l'internazionalismo socialista, la scissione comunista di
Livorno del 1921.
Di particolare significato è l'autodifesa pronunciata da
Barbato nel 1894 davanti al tribunale di guerra che lo giudicava
con tanti altri esponenti dei Fasci siciliani. Gli arresti erano
stati compiuti durante il governo di Francesco Crispi.
"Persuadevo dolcemente i lavoratori morenti di fame - proclamò
Barbato - che la colpa non è di alcuno; è del sistema... Perciò
non ho predicato l'odio agli uomini ma la guerra al sistema". Il
leader dei Fasci venne poi scarcerato nel 1896 in seguito
all'amnistia del governo guidato da Antonio Di Rudinì.
Durante il suo impegno politico e sociale in Sicilia, Barbato
teneva i suoi discorsi davanti a una pietra a Portella della
Ginestra dove il primo maggio 1947 la banda di Salvatore
Giuliano compì una strage di contadini (11 morti) che
partecipavano alla festa del lavoro.
Per il centenario della morte saranno ripubblicati
l'autodifesa di Barbato e alcuni documenti inediti, tra i quali
la testimonianza della moglie Alba Buonpensiere.
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