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Al Pac di Milano il 'corpo del reato' di Shirin Neshat

Al Pac di Milano il 'corpo del reato' di Shirin Neshat

"Abbiamo tutti paura della guerra e del dolore"

MILANO, 27 marzo 2025, 16:36

Redazione ANSA

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(di Bianca Maria Manfredi) Dopo tre anni di lavoro, apre il 28 marzo al Pac Padiglione di Arte contemporanea di Milano Body of Evidence, la più grande monografica mai dedicata in Italia a Sherin Neshat, artista e regista iraniana dal 1974 residente in America, visibile fino all'8 giugno.
    Body of Evidence significa letteralmente corpo del reato, o anche prova, ed è questo corpo del reato - ovvero il corpo della donna spesso stigmatizzato per ragioni politiche o religiose - ad essere la lente attraverso cui racconta la realtà in un pressoché costante bianco e nero che da un lato rende le immagini senza tempo, dall'altro evita che il colore le renda in qualche modo piacevoli.
    "Guardare questa mostra è come guardare la mia vita" ha commentato Neshat alla presentazione dell'esposizione che per la prima volta include tutte le fotografie del ciclo Women of Allah, Le donne di Allah, realizzato fra il 1993 e il 1997.
    Donne con il velo, che in Iran sono costrette a portare dalla Rivoluzione islamica, con tatuati brani di scrittrici iraniane sulle poche parti del corpo che restano scoperte. Donne spesso armate di pistole e fucili con cui difendono la rivoluzione che le ha oppresse, in una dicotomia ricorrente nei suoi lavori.
    È chiara in Fervor: video che accoglie i visitatori all'ingresso della mostra che presenta uomini e donne divisi durante un incontro pubblico in Iran. Diversa è la serie di The Book of Kings del 2012, quindi dopo l'Onda verde di proteste repressa nel 2009, che si basa sul Libro dei Re scritto intorno all'anno Mille con immagini di giovani iraniani divisi in tre gruppi: masse, patrioti e malvagi, anche in questo caso con delle scritte, quelle di scrittori iraniani incarcerati.
    È invece interamente dedicato all'America, quindi alla sua nuova patria, 'Land of Dreams' video installazione del 2019 in cui una donna iraniana-americana viaggia per il New Mexico chiedendo alla gente di raccontare il proprio sogno più recente.
    "Credevo che l'America fosse il luogo della diversità e ora il mio pensiero è un po' cambiato". È critica, Shirin Neshat, sull'amministrazione Trump, che cerca di zittire il movimento pro Palestina "in modo rivoltante", con affinità al regime iraniano e questo suo nuovo atteggiamento si vedrà nel prossimo lavoro che presenterà, probabilmente a maggio, proprio a Milano.
    Ma in generale "il mondo è nei guai" che si tratti di Stati Uniti, Palestina, Israele, Italia o Iran. "Abbiamo tutti paura della guerra, dei genocidi, del dolore" ed è per questo che non vuole essere etichettata come "una artista iraniana o musulmana" perché "i temi sono gli stessi dovunque" e c'è una "umanità condivisa", una umanità condivisa che cerca di rappresentare nei suoi lavori.
    "Era giunto il momento di raccontare la sua evoluzione", ha osservato Diego Sileo che ha curato la mostra insieme a Beatrice Benedetti. "Milano vuole essere un luogo di dialogo e diritti" ha aggiunto l'assessore alla Cultura Tommaso Sacchi, felice di questa esposizione "molto attesa" che sarà arricchita da due eventi: il 28 marzo al Pac l'incontro fra Shirin Neshat e gli studenti e il 31 al cinema Arlecchino la sua presentazione di Land of Dreams, il film del 2021 che ha diretto con Shoja Azari.
   
   

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