Hanno clonato Tyrone è una
piacevole sorpresa di mezza estate. Nonostante sia arrivato su
Netflix nel fine settimana della gran corsa alle sale
cinematografiche per Barbie e Oppenheimer, dopo una promozione
in tono ridotto per lo sciopero di attori e sceneggiatori contro
gli Studios, è tra i cinque film più visti sulla piattaforma di
streaming. Una piccola perla ben scritta e diretta
dall'esordiente Juel Taylor e recitata benissimo da un affiatato
trio di protagonisti (Jamie Foxx, John Boyega e Teyonah Parris),
che vale la pena non farsi scappare.
La figura centrale è quella di Fontaine, interpretato da
Boyega, spacciatore di droga, ombroso e tormentato, che vive in
un quartiere senza risorse con una madre problematica a carico e
si trova costretto a fare squadra con uno dei suoi clienti, il
protettore Slick Charles (Foxx) e con una prostituta, Yo-Yo
(Parris), per investigare su un losco complotto governativo che
coinvolgerà l'intero quartiere.
"È come se 'Essi vivono' and 'The Truman Show' avessero avuto
un figlio", scherza il regista presentando il film a Los
Angeles. Trentotto anni, originario di Tuskegee, in Alabama,
dopo aver contribuito alle sceneggiature di Creed II (2018) e di
Space Jam: A New Legacy (2021), Taylor si è messo per la prima
volta dietro la macchina da presa per raccontare una storia che
attinge alla sua gioventù per l'ambientazione e si nutre di una
ricca cultura cinematografica. Oltre al capolavoro anti
capitalista di John Carpenter e a quello di Peter Weir con Jim
Carrey, Taylor dice di esser stato influenzato da Il grande
Lebowski, Boogie Nights o Jackie Brown. Opere distanti, per tono
e argomento, che però convergono in questo lungometraggio che
non ha un genere unico e definito: un po' commedia, un po'
fantascienza, un po' detective stories alla maniera della
Blaxploitation degli anni '70.
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