La Scala di Milano quest'anno - pur
travagliato da produzioni senza pubblico e freni dovuti al Covid
- chiuderà il bilancio in pareggio. Grazie alla generosità di
sponsor e nuovi soci, ma anche perché ha "evitato di spendere
soldi che non abbiamo", come ha spiegato il sovrintendente
Dominique Meyer che per il futuro ha annunciato anche un
progetto 'green' con risparmio di materie prime ed energia per
il futuro del teatro.
Un primo esempio di tutto questo è già andato in scena. Si
tratta del dittico di Kurt Weill (che unisce Die sieben Todsunde
e Mahagonny-Songspiele) diretto da Riccardo Chailly che il
pubblico potrà vedere in streaming su RaiPlay e sul sito del
teatro dalle 20 del 18 marzo e in tv il 27 marzo.
A firmare la regia è stata chiamata Irina Brook, figlia di
Peter Brook, al debutto scaligero alla quale è stato chiesto di
inventarsi in tre settimane un allestimento senza spendere
niente. E allora via al riciclo, con il tavolo di Traviata,
oggetti di Così fan tutte e via di seguito trovati nei depositi,
così come i costumi ad arredare un'isola circondata da un mare
realizzato con bottigliette di plastica vuote.
Attualizzati i sette peccati, seguendo la lezione di Brecht,
mentre alle sue parole durissime si accompagna la musica
composta "con mano leggera", come ha spiegato Chailly, di Kurt
Weill. Un elemento di contemporaneità che torna anche nella
sorpresa finale. Una proposta che Brook ha fatto a Chailly a
poco a poco "perché qui tutti credono che io sia un parruccone -
ha scherzato il maestro - ma non è così. Io amo la tradizione,
ma amo innovarla, ma voglio condividerlo il rinnovamento". Così
quando lei gli ha proposto di terminare Mahagonny con Moon in
Alabama cantata da Jim Morrison, lui ha detto sì. "Noi
terminiamo in re minore, i Doors attaccano in la minore. Questo
dà senso a quello che Irina voleva. Ci porta - ha concluso - ai
nostri giorni".
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