(di Marzia Apice)
ROBERTO PIUMINI, IO, PI (Gallucci
Editore, pp.120, 10 Euro. Disegni di Cecco Mariniello). Un libro
"da leggere ad alta voce", da vivere non solo con gli occhi ma
con l'immaginazione che nasce dal linguaggio poetico. Roberto
Piumini torna in libreria presentando un nuovo lavoro, "Io, Pi"
(Gallucci Editore), con il quale chiama a raccolta il suo
pubblico, quello di bambini e ragazzi, per farli entrare nel
mondo magico della fantasia. Nel testo, impreziosito dai
delicati disegni di Cecco Mariniello, si rincorrono poesie che
intrecciano gioco, corpo, narrazione, costituendo un continuo
stimolo alla creatività di chi legge. I temi sono i più
disparati, dalle emozioni ai pianeti, dai numeri alla
bicicletta, ma tutti si prestano a essere raccontati e anche
"interpretati" direttamente, in famiglia o a scuola.
Ancora una volta il poeta dei più piccoli invita a riscoprire
la condivisione orale delle storie, sfruttando lo straordinario
potere evocativo e giocoso delle parole e della loro sonorità.
Un invito solo apparentemente facile da mettere in pratica,
soprattutto oggi, in una società nella quale l'oralità sembra
essersi persa nei meandri della velocità e del consumo.
"Leggere un libro a voce alta è semplice e naturale se
qualcuno lo fa: genitore, adulto, insegnante. L'oralità non è
solo l'uso della voce, ma un modo fisico, prossimale, di stare
insieme, e un tempo non frettoloso, ripetitivo, ritmico", spiega
Piumini in un'intervista all'ANSA. "Il fine primo e ultimo dei
miei libri è essere una ricca esperienza creativa, emotiva e
immaginaria per il lettore", afferma ancora l'autore,
sottolineando di non sentire il "peso" di essere uno scrittore
per ragazzi. "La responsabilità di cui si parla è data dal fatto
che la lettura di un bambino è un'esperienza più fonda e
fondante di quella di un adulto, non tanto nei termini di
'comunicazione di valori' quanto in quelli dell'esperienza
immaginaria, dell'arricchimento emotivo ed estetico che
l'immaginazione fornisce", prosegue, "quindi si tratta di una
responsabilità 'educativa' solo nel senso antropologico di
un'esperienza di memoria immaginaria, di attività
personalizzante". A ripagare il suo costante impegno per i
giovani profuso nel corso degli anni è la consapevolezza che,
nonostante il tempo abbia trasformato irrimediabilmente la
società, da parte del pubblico di oggi non sia ancora cambiata
"la risposta giocosa alla proposta di giocosità". Un pubblico
che non è diverso da quello di ieri, "né sul piano dell'ascolto
né su quello della risposta".
Non crede che la stimolazione continua a cui i più piccoli
sono sottoposti tolga spazio alla fantasia? "La domanda va fatta
a chi si occupa scientificamente del campo: psicologi e
psicopedagogisti. E' probabile che qualcosa accada rispetto al
'tempo' dell'esperienza, sensoriale ed emozionale, prima
percettiva e poi espressiva". Tornando indietro con la memoria,
lei da bambino che rapporto aveva con la poesia? "A parte i
testi incontrati nei libri scolastici, c'erano certe
filastrocche, o modi di dire del dialetto emiliano dei miei
nonni e genitori, che mi hanno molto impressionato, e dato il
primo gusto ritmico per la parola", ha concluso.
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