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Satantango nel fango di fine comunismo

Satantango nel fango di fine comunismo

Dall'Ungheria un romanzo realista e fantastico di Krasznahorkai

ROMA, 05 luglio 2017, 09:40

Paolo Petroni

ANSACheck

La copertina di 'Satantango ' di Laszlo Krasznahorkai - RIPRODUZIONE RISERVATA

La copertina di  'Satantango ' di  Laszlo Krasznahorkai - RIPRODUZIONE RISERVATA
La copertina di 'Satantango ' di Laszlo Krasznahorkai - RIPRODUZIONE RISERVATA

LASZLO KRASZNAHORKAI, 'SATANTANGO' (BOMPIANI, pp.

318 -20,00 euro - Traduzione di Dora Varnai) Gli editori italiani stanno scoprendo la ricchezza e forza della letteratura ungherese moderna e, dopo il Nobel a Imre Kertesz e la fortuna di Agota Kristof, Magda Szabo e Peter Esterhazy, ecco che scopriamo piccoli, curiosi capolavori di grande inventiva e scrittura, da Ferenc Karinthy (pubblicato da Adelphi) a Gyorgy Dragoman (Einaudi), Bela Zolt (Guanda) e ora Laszlo Krasznahorkai, classe 1954, di cui esce questo suo primo libro, quello cui deve la fama.


    'Satantango' appare subito come fosse un grande sogno, forse un incubo, ma con umanissime note malinconiche e sentimentali e venature grottesche, per ritrarre l'illusione estrema dei suoi personaggi, che è profondamente e metaforicamente esistenziale ma parla del totalitarismo comunista, del suo fallimento verso la fine, negli anni '80. Siamo in una cooperativa agricola, una sorta di villaggio in completo disfacimento nella riarsa e poi fangosa pianura ungherese e in cui si vive e lotta per la sopravvivenza, sempre sperando in qualcosa che cambi la situazione. Già l'inizio è appunto onirico con Futaki che viene svegliato dai rintocchi di una campana, anche se nei dintorni non ne esistono e il campanile più vicino, a 4 Km di distanza, è crollato da anni e anni, così da divenire consapevole che "aveva sempre giocato con i bari contro cui non era possibile vincere, essendo tutte le carte del gioco predeterminate: si trattava di una partita truccata alla fine della quale sarebbe stato privato anche dell'unica sua arma, la speranza, la speranza di poter un giorno ritrovare la strada di casa". Un senso di fine, se non di morte aleggia quindi da subito, con tutti che sperano di potersene andare con i soldi che pare stiano per arrivare dalla chiusura della cooperativa. Intanto arriva, anzi ritorna la villaggio Irimiàs, sparito da due anni e ormai dato per morto, personaggio carismatico e forse un po' satanico, una sorta di maestro di non si sa cosa, in compagnia di un suo assistente, Petrina, vestiti come due allampanati clown. Un'apparizione in questo mondo disintegrato dove si annega la disperazione tra alcol e sesso, quasi un sabba infernale carnale e visionario al tempo stesso.
    Irimiàs sarà l'ultima estrema speranza e illusione, un po' barbone e un po' messia, un po' un qualcosa di nuovo e antico assieme cui affidarsi, e lui, forte dei sentimenti che riesce a suscitare, convince tutti a affidargli i propri risparmi promettendo di usarli per dare loro un domani diverso, quel sogno che unico permette loro di andare avanti, così intatto e irrealizzabile come è da sempre. Naturalmente si tratta di una truffa bella e buona, una sorta di gioco di prestigio che affascina i contadini, senza sapere che i due sono anche legati alla polizia segreta del regime e si daranno presto alla fuga, in un vagabondaggio surreale e dagli incontri fantastici.
    Il finale del libro, a ribadire una sorta di cerchio senza uscita, ripete testualmente le prime pagine, come giravolta di un ballo infernale, come appunto tutto racchiuso in un sogno che finisce dove è iniziato con i dodici capitoli numerati, nella prima parte, dal primo al sesto e, nella seconda, dal sesto al primo.
    Una storia fantastica e un po' noir, ma che ha la sua forza realista proprio in questo, grazie alla scrittura unica di Krasznahorkai tradotta, vista la resa, con maestria da Dora Varnai. La sua è una prosa ricca e visionaria, allucinata e capace di tergiversare senza mai perdere il senso, trascinando il lettore in un andamento ipnotico che pare quasi senza sosta, con lunghi periodi e un procedere dall'inizio alla fine senza interruzioni, praticamente senza mai un capoverso in ogni capitolo, con una compattezza in cui si affonda coinvolti.
   
   

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