MATHIAS ENARD, ''PARLAMI DI BATTAGLIE, DI RE E DI ELEFANTI'' (E/O, PP.
144 - 13,00 EURO - TRADUZIONE DI YASMINA MELAOUAH).
Il quattordici settembre 1509 Michelangelo ha 34 anni e sta iniziando a dipingere la volta della Cappella Sistina, mentre Istanbul, in occidente chiamata allora Costantinopoli, viene colpita da un violento terremoto.
Si dice che solo nel palazzo di Ali Pascià morirono trecento cavalieri con i loro cavalli e si parla di danni ovunque e cade l'intonaco che copre i mosaici cristiani bizantini in Santa Sofia riportando alla luce i ritratti degli evangelisti, che subito si dice abbiano protetto la città da un disastro più totale. Quel giorno comunque crollano anche i piloni, la spalla e le prime arcate del ponte disegnato da Michelangelo per unire le due sponde del Bosforo le cui macerie vengono trascinate nel mare ribollente.
Si chiude così la storia di Michelangelo che, per far dispetto al Pontefice che sembra preferirgli altri artisti, aveva accettato nel 1506 l'invito del sultano Bayazid e la sfida di progettargli quel grande, lungo ponte, almeno secondo quel che ci racconta in modo colorito, ma mai sopra le righe, e con qualche tocco poetico in questo romanzo, già edito una decina di anni fa da Rizzoli, Mathias Enard, studioso francese delle culture del Medio Oriente e insegnante di arabo all'università di Barcellona, oltre che scrittore e vincitore di un premio Goncourt 2015 col romanzo ''Bussola'' (anch'esso edito da E/O).
Una favola quindi col fascino dell'ambientazione orientale, ma con un suo magnetismo dovuto al protagonista e alla sua amicizia col poeta Mesihi di Pristina, gran bevitore e conoscitore della città, protetto del Gran Visir che lo ha mandato a fargli da guida, e col giovane Manuel che vorrebbe imparare a disegnare affascinato dalle parti anatomiche, i cavalli, gli astragali e le persone che vede creare dalla matita dell'artista italiano quando è nel suo studio dopo aver girato andando sino al porto, frequentando bazar ricchi di spezie e taverne e donne che danzano vestite da uomo. Così i giorni passano e traccia schizzi di cui è insoddisfatto, ossessionato da quelli che ha visto di Leonardo da Vinci che venti anni prima aveva tentato inutilmente lo stesso progetto. Non ha idee e lavora perché sa che queste vengono disegnando e anche perché vorrebbe far presto, venir pagato e andarsene da ''quella città conturbante, familiare e assieme totalmente altra'', nella quale però non si stanca di passeggiare e osservare tutto e tutti. Ha nostalgia, scrive a Giuliano di Sangallo mandandogli spaccati e sezioni architettoniche della basilica di Santa Sofia e chiedendogli del Papa e della sua tomba da fare. Tutto verso un finale movimentato, a sorpresa.
Enard con la sua scrittura precisa e coinvolgente, con brevi capitoli in cui si sentono echi di novelle orientali, racconta, descrive e riflette, costruendo un'avventura che alla fine riguarda il destino dell'artista, la sua solitudine nello scontro col potere, il mistero e la fatica della creazione.
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