Una donna si ferma un istante, si siede su una cassetta di legno e si copre il volto con le mani. Nasconde le lacrime alle figlie rimaste qualche metro più indietro. Al loro fianco un militare polacco, in tuta mimetica, spinge un carrello della spesa riempito con gli zaini e le valige della famiglia. Poi le accompagna verso gli autobus che le porteranno in salvo, ma ancora più lontano dalla loro Ucraina. Medyka, al confine polacco, è - oggi più che mai - l'incontro dei popoli, il posto dove persone da ogni parte del mondo si danno da fare per accogliere chi è in fuga da una guerra tanto cruenta quanto assurda. In venti giorni questa lingua di terra si è completamente trasformata. L'esodo dell'inizio della guerra, quando centinaia di migliaia di profughi ucraini erano in fila alla frontiera, sta rallentando di giorno in giorno e i volontari stanno completando una vera e propria struttura di accoglienza, con tendoni, pasti caldi e giocattoli per i più piccoli.
Dalla cancellata verde che separa l'Ucraina dalla Polonia, continuano ad arrivare solo donne e bambini. Mariti e figli sono ancora dall'altra parte, a difendere la propria nazione. Medyka è il punto di arrivo di chi arriva da Leopoli, la città che ieri si è svegliata al suono delle sirene antiaereo dopo il bombardamento a pochi chilometri dal confine polacco. L'ultimo incubo che ha costretto numerose famiglie a lasciare il Paese. In città, però, restano ancora tanti, tantissimi profughi provenienti da ogni parte dell'Ucraina e non è escluso che un'eventuale nuova escalation possa portarli a fuggire. Nella stradina che dalla frontiera porta al punto di smistamento sono stati allestiti decine e decine di gazebo, con i volontari che distribuiscono pane, cibo e beni di prima necessità. Ai bimbi sono riservati gli ovetti e le barrette di cioccolato, mentre qualcuno indossa i panni del pirata Jack Sparrow e strappa loro un sorriso. Alle donne vengono fornite tessere telefoniche gratuite con cui mettersi in contatto con i propri cari. Nell'improvvisato centro di accoglienza ci sono anche le sedie a rotelle per le nonne, le babushka, stremate da ore e ore di viaggio. "Siamo distrutte - racconta una donna seduta sul marciapiede appena dopo la frontiera -. Stiamo aspettando i nostri parenti da Varsavia, ma presto torneremo a casa, ne sono sicura". Poco più in là, in un furgoncino bianco si stringono in otto, pronti per un viaggio che li porterà a Cracovia, nel più vicino centro d'accoglienza. Alla guida c'è la mamma 39enne con accanto la figlia poco più che dodicenne. Dietro, la nonna con altre quattro ragazze e un ragazzo, dagli 8 ai 17 anni.
Gli autobus diretti alle stazioni continuano ad arrivare e partire con un ritmo costante. I militari smistano i passeggeri in base alla nazione di arrivo, loro ringraziano e salgono per l'ennesimo viaggio lontano dalle bombe. Su un camper spunta una bandiera spagnola. Sopra ci sono Susana e il marito Michael. Organizzano, tramite il web, un network di camperisti per portare i profughi nei centri di accoglienza. Accanto ad un gazebo arrivano cinque ragazzi italiani del "Treno della Memoria". A progetto completato, anche loro hanno voluto dare il loro contributo tra i volontari. E mentre gli autobus lasciano la frontiera, un gruppo di ragazzi tedeschi imbraccia chitarra e ukulele, per strappare a chi è costretto a fuggire, un sorriso di speranza.
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